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Donald Trump, Panama, Messico e Perù. Una dottrina Monroe 4.0?

Panama


L’espansione commerciale della Repubblica Popolare Cinese negli ultimi anni ha guardato sempre più anche a Panama. I porti alle estremità del canale, che dal 1999 è sotto il controllo diretto di Panama, sono gestiti da due società cinesi, Landbridge Group e l’hongkonghese CK Hutchison Holdings. L’America teme il possibile uso duale, civile e militare, ma anche di intelligence, che Pechino potrebbe fare di questi due porti. Non solo, grazie al controllo sulle due infrastrutture, la Repubblica Popolare potrebbe spingersi sino a chiudere il canale, facendo venir meno uno dei principali imperativi strategici americani – se non il principale -, ossia il controllo degli stretti. L’estromissione degli Stati Uniti da Panama, senza aver neanche accesso alla rotta artica di cui si è precedentemente trattato, è un rischio che Washington non può correre.

Inoltre, rispetto al Trattato sulla permanente neutralità e operabilità del Canale siglato tra Stati Uniti e Panama nel 1977, dal punto di vista americano Panama non starebbe rispettando due punti fondamentali. La neutralità, che, oltre che per la concessione alla Cina sui porti, sarebbe venuta meno a causa della firma nel 2017 del memorandum sulle Vie della Seta, e l’applicazione di tariffe troppo elevate. Secondo la generica formulazione pattizia, le tariffe panamensi nei confronti degli USA devono essere «giuste, ragionevoli, eque e nel rispetto del diritto internazionale». Per Washington ora non è rispettato nessuno di questi parametri.

 

La questione Canale di Panama-Cina dunque esiste, e per gli USA è seria. Infatti, oltre alle reiterate minacce di Trump, il 2 febbraio il Segretario di Stato americano Marco Rubio è andato a Panama per incontrare il Presidente Raúl Mulino. Dal summit è scaturito l’impegno di Mulino a non rinnovare il memorandum con la Cina. Altra conferma del funzionamento dell’atteggiamento più che aggressivo di Trump.

 

Messico (e Cuba)

 

Rimanendo in Centro America, la penetrazione cinese si osserva anche in Messico, in merito al quale è necessario premettere che in questa sede non si tratterà di immigrazione negli USA.

 

Cina e Messico hanno ottime relazioni da decenni, ma negli ultimi anni gli interscambi commerciali tra i due Paesi sono ulteriormente cresciuti. Nel 2023 hanno superato i 100 miliardi di dollari, facendo registrare un aumento del 6% sull’anno precedente e confermando il secondo posto della Cina tra i maggiori partner commerciali del Messico. Inoltre, a margine del summit di novembre tra i leader del G20, Xi Jinping ha espresso alla Presidente messicana la volontà di cooperare più a fondo anche a livello politico per la realizzazione di un mondo multipolare, e dunque antiamericano. In Messico la Cina è interessata anche, se non soprattutto, alla creazione di partnership per lo sfruttamento degli ampi giacimenti minerari, su tutti quelli di litio, cruciale per la produzione delle componenti per le batterie.

 

I rapporti tra Repubblica Popolare e Messico si articolano anche in uno dei settori illegali che più preoccupa Washington: il fentanyl. Le componenti dell’oppioide, finito di produrre in Messico, provengono proprio dalla Cina. Secondo alcuni – posizione non inverosimile – negli ultimi anni Pechino avrebbe direttamente favorito la produzione di fentanyl in Messico. Lo scopo? Aggravare la piaga della droga negli Stati Uniti, indebolendo il tessuto sociale e devastando intere aree, in special modo il già depresso Midwest, dove si registrano i più alti numeri di decessi per overdose da fentanyl. Agli occhi di Pechino il Messico è il grimaldello per premere al cuore degli USA, che per questo non possono che aumentare la pressione sul Paese centroamericano.

 

Passando per Cuba, per anni si è parlato della presenza di basi cinesi sull’isola, senza però poterne avere evidenza. Poi, nel 2023, alcuni funzionari americani hanno ufficialmente dichiarato che gli USA avevano prove di basi cinesi a Cuba. Ebbene, un report pubblicato dal Center for Strategic and International Studies a dicembre 2024 ha confermato, in base ad approfondite analisi satellitari e non, la presenza a Cuba di quattro siti cinesi per la raccolta di dati di intelligence di tipo SIGINT.

 

Insomma, il centroamerica tutto è oggetto di forti attenzioni da parte di Pechino.

 

Perù

 

Non solo Centro e Nord America. Dal 2024 Pechino ha notevolmente aumentato la propria presenza anche in Sud America, nello specifico attraverso l’inizio della costruzione del grande porto peruviano di Chancay. All’inaugurazione era presente anche Xi Jinping, a testimonianza dell’importanza che avrà il porto. Questa infrastruttura sarà controllata al 60% da Cosco, colossale compagnia (di Stato) cinese che si occupa di servizi di spedizioni e di logistica a livello internazionale. Tale nuovo porto ricoprirà un ruolo di cruciale importanza per la Repubblica Popolare, che avrà nel Perù, entrato nelle Nuove Vie della Seta nel 2019, la sua base marittima per l’Oceano Pacifico meridionale. Sarà «il più grande scalo marittimo della costa occidentale del Sud America e il primo qui a essere gestito da una società della Repubblica Popolare»[1]. Ma soprattutto, questa grande infrastruttura permetterà a Pechino di aggirare più agevolmente il contenimento marittimo commerciale statunitense.

John Vanderlyn , CC0, via Wikimedia Commons
John Vanderlyn , CC0, via Wikimedia Commons

La costruzione del porto di Chancay in Perù rende evidente il tentativo di Pechino di installarsi lungo tutto il continente americano. In Sud America, però, rispetto a Canada, Messico e Panama, dove Washington riesce a esercitare la sua influenza, la Cina ha maggiori possibilità di manovra. A causa dell’offensiva economica cinese in tutto il continente americano, dunque, l’interesse di Trump per le Americhe è sensibilmente aumentato, estrinsecandosi in quella che si potrebbe definire come nuova Dottrina Monroe: qualsiasi ingerenza di potenze straniere negli affari politici del continente americano sarebbe stata considerata ostile per gli Stati Uniti. Era il 1823 e Monroe si riferiva alle ingerenze delle potenze coloniali europee. Tuttavia, l’analogia con le intromissioni cinesi e la concezione del ruolo che Trump immagina per gli USA è più che palese.

 

[1] G. Cuscito, Con il megaporto in Perù, la Cina abborda gli Usa, in www.limesonline.com, 21 novembre 2024.

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