Cora Diamond. La vita e lo sviluppo di un pensiero morale
- Sara Grillo

- 2 giorni fa
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Cora Diamond è un’autrice molto originale, che prese le distanze dall’etica filosofica tradizionale per assumere una posizione che possiamo definire “etico-realista”. La filosofa rivendica una dimensione di realismo per la filosofia morale, spostando il tema del “dovere kantiano” da un piano meramente teorico a un piano prettamente pratico, incardinato, di cui Lei fornisce esempi attraverso l’“immaginazione letteraria”.
Cora Diamond è successiva a Iris Murdoch (filosofa degli anni ’90 del Novecento) e ha un evidente debito concettuale nei suoi confronti. Lo vediamo già dal titolo del suo libro Immaginazione e vita morale[1], dove il tema dell’immaginazione ha un ruolo centrale nel ragionamento di Diamond, così come in quello di Murdoch.
Diamond afferma che la letteratura consente di indagare l’esperienza morale del soggetto fornendo interpretazioni, suggestioni e dettagli che possono sfuggire alla teorizzazione etica. La teoria morale deve necessariamente raccordarsi all’esperienza vissuta delle persone. Il limite della teoria morale, secondo l’autrice, sta nel suo carattere impersonale, sganciato dall’esperienza morale del soggetto, della persona.
Nella filosofia morale, invece, interviene la questione del reale, per cui è una forma di realismo, poiché fornisce una visione, una conoscenza della realtà e una sua interpretazione. Ecco perché è importante tenere presente il pensiero di quest’autrice, spesso sottovalutata, in quanto, a mio avviso, poco conosciuta. Tutta la teoria morale viene da Lei criticata perché ogni teoria è una visione particolare, specifica della realtà del soggetto o del mondo che lo circonda.
Nell’introduzione Piergiorgio Donatelli scrive:
«Diamond mostra di tenere molto sia all’importanza di riconoscere che la vita morale è carica di emozioni e affettività sia che essa è una vita propriamente concettuale […] La vita che è intessuta nei nostri problemi morali è una vita di sentimenti, di emozioni e di esperienze […] Diamond sostiene che un pensiero morale è qualcosa di vivo per noi in quanto è pervaso da una certa dimensione affettiva […]. Il compito di Diamond qui è quello di presentare l’intera tessitura in cui il sentimento collabora con molti altri elementi in modo da fare di quella tessitura qualcosa capace di dominare e organizzare la vita interiore e la condotta di una persona»[2].
Il pensiero morale è forse una delle forme filosofiche più complicate e difficili, perché ha a che fare con un materiale così vario, stratificato: un contesto inteso come mondo, dentro il quale è presente il pensiero della vita morale, il pensiero morale con cui viviamo quotidianamente. Dunque la vita di un pensiero morale implica, per Diamond, un intero mondo, non un unico aspetto, per esempio il sentimento o il concetto. Un intero mondo in cui vari e disomogenei aspetti si tengono insieme e in cui sono presenti anche enormi contraddizioni. La morale in questo senso si trova nelle azioni, nelle parole, ma anche nei silenzi: è qualcosa di pervasivo. Questo vuol dire che il lavoro morale è un lavoro davvero difficile.
Qui, entra in gioco il ruolo della letteratura. In particolare, Diamond analizza la funzione del “romanzo realista ottocentesco”, per argomentare intorno al tema della “centralità della vita concettuale in etica”. Come meglio vedremo in un articolo successivo, la Diamond prende come riferimento letterario il Canto di Natale di Dickens e utilizza questo testo letterario come filo conduttore della propria argomentazione sulla questione dell’importanza dei concetti e della vita concettuale del pensiero morale.
Un tema rilevante, infatti, è quello della concezione pratica, quella forte dimensione pratica, centrale in etica e che consiste nel padroneggiare un certo concetto: vuol dire che coinvolge la partecipazione a una varietà di attività, di pensieri, di esperienze, quindi coinvolge il fare e il sentire una grande quantità di cose. Significa, dunque, mettere in pratica i concetti morali.
Qui entra in gioco anche l’elemento cognitivo, cioè quell’elemento di coltivazione del sé e quindi di educazione delle emozioni che consente uno sviluppo della sensibilità morale, una sensibilità che non è una cosa immediata, non si dà nella sua immediatezza, ma va sviluppata, educata. A questo corrisponde la conquista di una certa prospettiva concettuale: allo sviluppo di una certa capacità di padroneggiare certi concetti morali, quindi di farne uso pratico. Questo significa che non si potrebbe pensare bene, non si potrebbero padroneggiare correttamente i concetti morali senza che vi sia prima un’educazione delle emozioni, uno sviluppo della sensibilità morale.
Quando diciamo che Diamond si concentra sul tema della vita morale, o meglio, della vita di un pensiero morale, quindi quando affermiamo che l’autrice si occupa della “vita dei pensieri morali” stiamo dicendo che l’oggetto proprio di riflessione della filosofia morale per Diamond è la vitalità dei pensieri morali, il modo in cui i pensieri morali vivono, il modo in cui li usiamo e conferiamo loro dei significati. Quindi Diamond si occupa di questo, tenendo sempre conto di quel nesso che si istituisce tra elemento cognitivo e sentimento. Ovviamente questi due elementi rimandano a due piani: quello della “sensibilità individuale” e quello della “coltivazione del sé”. Quindi i pensieri morali non sono solo produzioni intellettuali, prodotti dalla ragione, ma sono anche sostenuti e attivati da una dimensione affettiva.

[1] Cora Diamond, L’immaginazione e la vita morale, (a cura di Piergiorgio Donatelli), Roma, Carocci editore, 2006.
[2] Ivi., pp. 19,20.





