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Musk-Trump, una crisi (forse) definitiva. Prima parte

Aggiornamento: 14 giu

«La manovra di bilancio [il «big, beautiful bill» di Trump] è un disgustoso abominio». «È arrivato il momento di sganciare la bomba: Donald Trump è negli Epstein files. È questa la vera ragione per cui non li hanno resi pubblici. Buona giornata, DJT!». Questi sono solo alcuni dei post pubblicati da Musk sul suo social X, a cui aggiungere: la richiesta di impeachment nei confronti di Trump per sostituirlo con Vance; l’affermazione secondo cui la manovra di bilancio approvata porterà gli Stati Uniti alla recessione; la convinzione in base alla quale vittoria dei repubblicani sarebbe stata possibile solo grazie al sostegno muskiano; la proposta di creare un nuovo partito politico che rappresenti l’80% di chi si posiziona al centro.

 

Alcuni di questi post, solo una parte di quelli pubblicati da Musk da quando ha lasciato il DOGE iniziando la sua personale guerra (per ora solo a suon di post su X), sono stati cancellati. Sembrano però trascorse ere da quando il multimiliardario sudafricano festeggiava l’insediamento di Trump con salti e saluti più o meno romani e dichiarava di amare «Donald Trump quanto un uomo etero possa amarne un altro». Anche il 47° Presidente statunitense, durante il discorso per la vittoria elettorale, aveva sin da subito omaggiato Musk sostenendo che, con quelle elezioni, era nata una stella

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:P20250530MR-0602_President_Donald_Trump_participates_in_a_press_conference_with_departing_DOGE_adviser_Elon_Musk.jpg
The White House, Public domain, via Wikimedia Commons

Come spiegarsi dunque prima l’allontanamento e la chiusura anticipata del DOGE – il temporaneo Dipartimento per l’Efficienza Governativa al cui vertice era stato messo Musk, allo scopo di sostituire gli apparati statali con l’efficienza burocratica delle sue aziende – e poi l’attuale strappo?

 

Per quanto riguarda la fine del DOGE, la versione ufficiale è che avrebbe raggiunto il suo scopo. L’obiettivo dichiarato da Musk quando era stato messo al vertice di questo temporaneo dipartimento era di tagliare le spese statali per due mila miliardi di dollari. Tuttavia, al momento della fine dell’esperienza muskiana al DOGE, secondo i dati forniti dal dipartimento i tagli sono stati pari a 180 miliardi. Obiettivo non proprio raggiunto. Oltretutto, anche la cifra di 180 miliardi di dollari è disputata: secondo alcune analisi condotte da PolitiFact, dal Wall Street Journal, dal New York Times e dal think tank conservatore-liberista American Enterprise Institute, infatti, non è chiaro quanti miliardi ha tagliato il DOGE e, anzi, è possibile che la cifra sia inferiore anche ai 180 miliardi dichiarati.

 

In merito alla decisione di fare un passo indietro dal DOGE (e quindi dalla politica), si è spesso letto che la motivazione principale che avrebbe sorretto la decisione di Elon Musk a ritirarsi dalla politica fosse la crisi delle auto Tesla. Sicuramente, il fatto che le vendite delle Tesla siano andate a picco negli ultimi mesi è una questione che preoccupa il magnate sudafricano. La situazione è preoccupante soprattutto in Europa, dove in molti Paesi, su tutti Germania e Gran Bretagna, a fronte di un aumento degli acquisti di veicoli elettrici si assiste ad una drastica diminuzione delle vendite dei modelli Tesla – una riduzione di oltre il 40%. Tuttavia, non è questa la ragione principale che ha portato Musk a compiere questo primo allontanamento da Trump.

 

Dopo esser diventato cruciale per Washington grazie a SpaceX, Musk aveva pensato di poter accrescere il suo capitale, la sua autorità rispetto a Trump, entrando nei palazzi del potere politico. L’ex capo del DOGE aveva immaginato di fare da alfiere del Presidente americano nella lotta contro gli apparati, sostituendo la burocrazia statale – da sempre il principale nemico di Trump – con l’efficiente organizzazione burocratica delle sue imprese. L’operazione muskiana, però, è stato un triplo fallimento. Non solo Musk ha sbattuto contro il muro degli apparati statali americani (su tutti, il Pentagono e la CIA, che si sono fermamente opposti alle iniziative del DOGE), ma si è anche legato troppo ad una parte politica, rimanendo impantanato in questioni burocratiche e politiche senza trarne vantaggi. Infatti, mentre Musk era impegnato in beghe e polemiche attinenti alla politica, che non mancano con l’attuale amministrazione, gli altri magnati tech statunitensi hanno aumentato il loro peso. Non sono entrati in politica, come fatto da Musk, ma hanno proseguito e accresciuto la loro produzione in quei settori industriali strategici per gli USA da loro stabilmente occupati - le tradizionali industrie militari e tech statunitensi non sono più in grado di garantire un livello tecnologico simile.

 

A Palantir di Peter Thiel è stata affidata  l’analisi dei dati raccolti dalle agenzie federali, tra cui anche quelli provenienti dal DOGE. A gennaio è stato lanciato il Progetto Stargate, finanziato con 500 miliardi di dollari, per la creazione di nuovi, enormi data center per l’intelligenza artificiale allo scopo di garantire a Washington un assoluto vantaggio nel campo dell’AI. Alla conferenza di presentazione di Stargate Trump era accompagnato dai principali partner dell’iniziativa: Sam Altman di OpenAI, Larry Ellison di Oracle e Masayoshi Son di SoftBank, il principale venture capitalist del progetto. Musk non pervenuto. Ancora, a fine maggio è stata annunciata una partnership tra il Pentagono, Meta e Anduril – azienda fondata dall’eccentrico Palmer Luckey specializzata in mezzi e armamenti unmanned di ultima generazione - per la produzione di avveniristici visori, integrati con l’intelligenza artificiale, da integrare nei futuri elmetti dei soldati americani.

 

Come si può vedere da questa breve rassegna, è evidente la crescita degli altri magnati tech in tutti questi settori cruciali per i futuri interessi strategici statunitensi. In questi sei mesi, invece, Musk non ha preso parte a nessuno di questi progetti, impelagato nel DOGE. Di conseguenza, l’abbandono della politica di Musk è dettato dalla volontà di tornare a produrre in Tesla. Non le macchine che tutti conosciamo, quanto piuttosto i robot integrati con l’intelligenza artificiale. Nelle ultime settimane hanno fatto il giro dei social i video dei futuristici robot umanoidi Tesla capaci di ballare con una scioltezza mai vista e, soprattutto, di compiere tutti i gesti di vita quotidiana propri degli umani. Ebbene, proprio quello della robotica di questo tipo è un settore altamente strategico per il futuro che, al momento, non sembra avere rivali oltre a Tesla[1].

[1] Quanto riportato è frutto dell’elaborazione della lezione tenuta da Giuseppe De Ruvo il 24 maggio 2025 presso la Scuola di Limes.

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