L’inizio di questo 2025 ci regala un rapporto strettissimo con la verità: l’umanità ne ha bisogno, ma purtroppo si fa per dire. Una giullare dell’ordine liquido imperante starnazza sulla piattaforma X che Adolfo Hitler era in realtà «un comunista». Ciò che procura sbigottimento, oltre all’affermazione pronunciata con poca perizia, è che il giudizio proviene non da un membro della nostra classe dirigente, cosa che avrebbe in un certo qual modo qualificato e attenuato la quisquilia, ma da una politica tedesca (e i tedeschi erano quelli seri). Ma c’è di più, dacché non si è solo limitata ad affermare ciò, ha anche aggiunto che la storia è in errore quando definisce Hitler «di destra e conservatore». Questo orrendo revisionismo che adesso dipinge il capo del nazismo come un “sinistroide progressista” è dichiarato dalla co-presidente di Alternative für Deutschland Alice Weidel in un’intervista con Elon Musk, il quale, non pochi giorni fa, ha anche dichiarato apertamente la sua simpatica con il movimento cui appartiene. AfD è un partito di destra fondato da liberali conservatori, il quale non disdegna l’appoggio esterno di Pegida e che ha superato alle ultime europee l’SPD e ad Est è il primo partito in tutti i Land della ex DDR. Mentre la Weidel è sostenitrice dei diritti LGBTQ e ritiene che il pericolo più grande per quella comunità provenga dell’immigrazione, soprattutto islamica.
Seppur una tale dichiarazione potrebbe essere accolta della stragrande maggioranza della comunità europea, giacché nel settembre del 2019 il parlamento europeo ha equiparato fascismo e comunismo, l’affermazione secondo la quale Hitler era in realtà un comunista è, banale a dirlo, falsa. Frutto di solite e tristi manovre politiche per contendersi elettori e il potente di turno. Secondo la Weidel, il suo giudizio è basato su un unico elemento, quello in base al quale le proprietà delle aziende sono nelle mai dello Stato, la cosiddetta nazionalizzazione. Oltre ad essere storicamente falso, la sua affermazione non trova fondamento anche sul versante ideologico dottrinario.
In base al lavoro svolto da Friedrich Pollock, il quale intravedeva una sottile somiglianza tra il sistema tedesco e quello sovietico, l’economia tedesca sotto il nazismo poteva essere sintetizzata in una sola formula “capitalismo di Stato”. Questo perché lo Stato aveva sempre il diritto e il potere di decidere il modo, l’entità e il momento d’uso della proprietà privata, ma non disdegnava però la creazione di monopoli, i quali erano presenti, sviluppati, come è normale, dalla presenza di un soggetto singolo. Come sicuramente non rappresenta la tesi di un anarco-capitalismo, in cui l’importante è produrre senza rendersi coscienza dei bisogni della società, essa non è lontanamente la tesi di un comunismo con delle “caratteristiche peculiari”.
Stando a ciò che Hitler scrive nel suo Mein Kampf (mi limiterò al solo primo capitolo), il suo concetto di nazione è completamente assorbito all’idea di razza. Lo Stato è ciò che è solo se mira a salvaguardare l’identità razziale e non invece, come si pensa, il frutto di bisogni economici e di forze e tendenze politiche contrapposte. Questa idea, come del resto scrive, è opposta alla tendenza internazionalista marxista, la quale pone il proletariato internazionale come nuova forza antagonista. Questa base razziale, come anche l’idea di nazione e del successivo “sentimento di patria”, non trovano spazio nel sistema marxiano, non c’è frase, periodo, accenno, virgola e pensiero che rimandano a ciò.
Tornando all’affermazione poco intelligente della politica tedesca, nel comunismo, almeno quello teorico, non c’è spazio all’esistenza dello Stato, giacché lo Stato non è altro che la presenza di diverse classi sociali, tutto quello che il buon Carlo ha l’obiettivo di eliminare. Viene da sé che in Marx se non sussiste uno Stato, esso non può possedere alcun tipo di proprietà, dacché questa proprietà si trasformerebbe in una proprietà burocratica, come del resto accadde in URSS e come riuscì ad anticipare Weber. Nemmeno nella famigerata e tanto criticata “fase transitoria” si accenna allo Stato, dacché sono gli operai, o almeno più verosimile i “consigli” a detenere i mezzi di produzione e con ciò a decidere la quantità e il modo in cui una produzione avviene.
Ancora una volta si tenta di riscrivere il passato a proprio piacimento, un vezzo che il potere non può rinunciare a utilizzare, dacché il suo obiettivo è controllare, non solo il presente ma anche il passato, e se si controllano entrambi, come insegna Orwell, si controlla il futuro. Hitler era molte cose, ma certo non era marxista.