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Diane Keaton, l’eleganza dell’anticonformismo

«Non ho mai capito l’idea che con l’età si debba diventare più miti», disse Diane Keaton in un’intervista del 2012. «Rallentare non è qualcosa che mi appartiene. L’obiettivo è continuare, nel bene e nel male, in tutto. Continuare a esprimermi, soprattutto». Basterebbero queste parole per raccontare chi è stata davvero Diane Keaton: un’artista libera, inarrestabile, incapace di piegarsi alle aspettative. Attrice intensa e anticonvenzionale, icona di stile e di autenticità, ha attraversato il cinema con uno sguardo unico, portando sullo schermo – e nella vita – una femminilità moderna, intelligente, ironica.

Diane Keaton, Woody Allen e Jerry Lacy dal musical di Broadway.Provaci ancora, Sam - Leo Stern (publicity) - Firooz Zahedi, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons


I suoi ruoli hanno spesso dato voce a donne emancipate, brillanti, intellettualmente autonome, ma allo stesso tempo segnate da profonde insicurezze e fragilità affettive. Diane Keaton ha saputo interpretare questa doppia anima con una naturalezza rara, rendendo ogni personaggio credibile, intenso, profondamente umano. È proprio in questo equilibrio tra forza e vulnerabilità che si riflette la vera essenza di Keaton, capace di raccontare sé stessa ogni volta che dava vita a qualcun altro sullo schermo.

 

In Fuga d’inverno, uno dei suoi film meno noti ma tra i più intensi, Keaton interpreta la moglie di un direttore di carcere: una donna empatica, sensibile, che si avvicina ai detenuti con un senso profondo di compassione, fino a innamorarsi di uno di loro. È un personaggio sfaccettato, attraversato da ambiguità morali e da un’umanità palpabile, che rivela la straordinaria capacità dell’attrice di dare corpo e anima anche a figure silenziose, introverse, ma tutt’altro che marginali.

 

Uno dei suoi ruoli più emblematici è quello di Kay Adams nella trilogia de Il Padrino. Inizialmente figura secondaria, compagna silenziosa di Michael Corleone, Kay acquista spessore e centralità man mano che la saga procede, fino a diventare – nel terzo capitolo – non solo moglie, ma coscienza morale, interlocutrice lucida e dolente di un uomo ormai divorato dal potere. Attraverso il suo sguardo si colgono tutte le contraddizioni del sogno americano degenerato in corruzione e tradimento.

 

Una curiosità: tra le riprese del primo e del secondo film, Keaton si sottopose a un intervento di rinoplastica; e se nel primo episodio fu pagata 35.000 dollari, nel terzo arrivò a guadagnarne 1.500.000. Un salto che racconta, più di molte parole, il riconoscimento crescente del suo talento e del suo peso artistico.

 

Il sodalizio con Woody Allen rappresenta uno dei capitoli più rilevanti e intensi nella carriera di Diane Keaton. Tra loro ci fu un amore complesso: tormentato, sbilanciato, fragile. Vissero insieme, si amarono, si ferirono. Allen la definì «troppo sensibile», mentre lei, anni dopo, parlò apertamente dei disturbi alimentari e delle insicurezze che la accompagnavano in quel periodo. Eppure, da quella relazione così imperfetta nacque uno dei legami artistici più fecondi e irripetibili del cinema americano. Insieme girarono otto film entrati nella storia della commedia tra cui: Provaci ancora, Sam, Io & Annie, Manhattan. In ognuno di questi, Keaton rappresentava il controcanto ironico, specchio emotivo, anima femminile e complementare del mondo alleniano. Dopo la sua scomparsa, Allen l’ha ricordata con parole colme di affetto e gratitudine: “Dal momento in cui l’ho incontrata, è stata una grande, grandissima fonte d’ispirazione. Vedere la vita attraverso i suoi occhi è straordinario. È una donna che eccelle in tutto ciò che fa”. E infine, il commiato più intimo: “Abbiamo vissuto insieme anni bellissimi, poi abbiamo preso strade diverse. Ma lei è rimasta sempre parte della mia vita. E nella mia mente riecheggia ancora la sua grande risata”.

 

Lo stile di Diane Keaton è stato parte essenziale della sua vita. Prima ancora che si parlasse di “genderless”, lei calcava i red carpet con completi maschili, cravatte, fedora, occhiali oversize e scarpe stringate che l’hanno consacrata a icona di stile senza tempo. Memorabile il suo look agli Oscar del 1978: un completo Armani simbolo del power dressing femminile. La sua estetica, fatta di layering, accostamenti audaci e una femminilità fuori dagli schemi, non cercava provocazione, ma autenticità. Keaton non si è mai vestita per piacere agli altri, ma per sentirsi libera. Lo stile, per lei, non era una maschera, ma un modo di raccontarsi. Ma più di ogni capo o accessorio, resterà il suo sorriso – aperto, luminoso, autentico – capace di illuminare ogni scena.

 

Il valore più prezioso della sua eredità sta nell’insegnamento più profondo che ci ha trasmesso: l’importanza di essere sé stessi, senza compromessi, come il ruolo più significativo e potente da interpretare nella vita. Hollywood la piange, ma celebra anche la sua straordinaria esistenza. Come ha scritto Meryl Streep, Diane Keaton “non se ne va davvero. Vive in ogni donna che ha osato essere diversa, in ogni attrice che ha scelto la verità invece della perfezione”.

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