Da qualche giorno ho iniziato a leggere le favole a mia figlia per farla addormentare. Da un anno e mezzo a questa parte ho collezionato tanti libri di racconti, più o meno classici, aspettando che fosse il tempo giusto per inserire un piccolo momento lettura prima della nanna.
Mi sono imbattuta nelle solite favole, quelle che conosciamo tutti più o meno, quelle che anche la Disney ha deciso di raccontare nei vari film a cartoni. Queste fiabe hanno diverse varianti, passiamo dagli originali piuttosto splatter alle rivisitazioni più edulcorate, ma di base hanno tutte la stessa composizione narrativa e soprattutto mantengono ben saldi, nonostante i cambiamenti subiti negli anni, gli stessi stereotipi.
Quindi, ho deciso di farvi un paio di schemini perché arrivati a una certa età forse non ci ricordiamo più quello con cui siamo cresciuti da piccoli e che, molto probabilmente, ha plasmato tutto il nostro immaginario.
C’era una volta un contadino vedovo dalle spiccate qualità morali che si risposa con una donna brutta e cattiva. Perché la sposa? Forse perché lui è così buono che non guarda l’aspetto fisico, ma è anche così remissivo da non riuscire a dirle di no. Questo docile uomo ha figli da un precedente matrimonio.
È qui che le storie si dividono.
Favola 1: figli maschi
Parliamo di famiglie molto povere, di quelle che non riescono neanche a portare il cibo in tavola. La cattiva madre/matrigna decide così che l’unica cosa da fare è portare i figli nel bosco e abbandonarli lì in un momento di distrazione. L’uomo ovviamente non vuole ma è così fragile e soggiogato che accetta. I figli si perdono e trovano una strega.
Nota bene: non uno stregone ma una strega, perché lo stregone è un mago buono e saggio che aiuta mentre la strega è malvagia e arcigna: un po’ la differenza che c’è oggi nel linguaggio tra un massaggiatore, figura di riferimento in quando specialista in massaggi, e una massaggiatrice, chiaramente una mignotta.
Insomma, questa strega vuole ucciderli ma loro riescono a scappare e tornano a casa dove la madre/matrigna è morta. Lì ad abbracciarli c’è il padre che non faceva altro che aspettare il loro ritorno passivamente.
Favola 2: figlia femmina
La bellissima creatura, affezionata, docile e dedita ai lavori domestici, si scontra irrimediabilmente con la matrigna che, invidiosa della sua bellezza, cerca di ucciderla in vari modi: assolda cacciatori per estirparle il fegato; fabbrica pettini avvelenati; si traveste da vecchietta e la corrompe con cibo intossicato. Lei, che oltre ad essere ovviamente arrendevole è anche un po’ stupida -beh, è bella non può essere intelligente- ci casca e casca pure in un bel sonno pre-morte.
E manco quando è in coma può essere lasciata in pace. Anzi, al contrario tutti la guardano perché esposta in una teca di vetro, finché un principe tonto e goffo decide di baciarla senza il suo consenso, perché ricordiamolo non è in facoltà di intendere e di volere. Lei risvegliatasi dal torpore, in pieno stile matrimonio-riparatore, acconsente allo sposalizio.
Uccellini che cantano, trombe a festa, gente ingioiellata. Fine.
Qual è la morale?
Non disubbidire, non accettare nulla dagli estranei, saper aspettare.
Ma anche che i maschi possono essere sì contadini e falegnami ma pure principi, cavalieri, minatori, artigiani, allevatori che lavorano in spazi aperti, che girano il mondo e vivono fantastiche avventure. Mentre le femmine, spesso confinate in luoghi chiusi e tetri, sono destinate ad essere belle o brutte, buone o invidiose, ma in ogni caso madri, serve, streghe e principesse (ovviamente nel senso di mogli-di-principi o figlie-di-re), continuando ad alimentare immaginari stereotipati e penalizzanti per le nostre bambine.
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