top of page

C’era una volta… uno stereotipo di genere

Da qualche giorno ho iniziato a leggere le favole a mia figlia per farla addormentare. Da un anno e mezzo a questa parte ho collezionato tanti libri di racconti, più o meno classici, aspettando che fosse il tempo giusto per inserire un piccolo momento lettura prima della nanna.


Mi sono imbattuta nelle solite favole, quelle che conosciamo tutti più o meno, quelle che anche la Disney ha deciso di raccontare nei vari film a cartoni. Queste fiabe hanno diverse varianti, passiamo dagli originali piuttosto splatter alle rivisitazioni più edulcorate, ma di base hanno tutte la stessa composizione narrativa e soprattutto mantengono ben saldi, nonostante i cambiamenti subiti negli anni, gli stessi stereotipi.


Quindi, ho deciso di farvi un paio di schemini perché arrivati a una certa età forse non ci ricordiamo più quello con cui siamo cresciuti da piccoli e che, molto probabilmente, ha plasmato tutto il nostro immaginario.

Immagine di upklyak su Freepik
Immagine di upklyak su Freepik

C’era una volta un contadino vedovo dalle spiccate qualità morali che si risposa con una donna brutta e cattiva. Perché la sposa? Forse perché lui è così buono che non guarda l’aspetto fisico, ma è anche così remissivo da non riuscire a dirle di no. Questo docile uomo ha figli da un precedente matrimonio.


È qui che le storie si dividono.


Favola 1: figli maschi


Parliamo di famiglie molto povere, di quelle che non riescono neanche a portare il cibo in tavola. La cattiva madre/matrigna decide così che l’unica cosa da fare è portare i figli nel bosco e abbandonarli lì in un momento di distrazione. L’uomo ovviamente non vuole ma è così fragile e soggiogato che accetta. I figli si perdono e trovano una strega.


Nota bene: non uno stregone ma una strega, perché lo stregone è un mago buono e saggio che aiuta mentre la strega è malvagia e arcigna: un po’ la differenza che c’è oggi nel linguaggio tra un massaggiatore, figura di riferimento in quando specialista in massaggi, e una massaggiatrice, chiaramente una mignotta.


Insomma, questa strega vuole ucciderli ma loro riescono a scappare e tornano a casa dove la madre/matrigna è morta. Lì ad abbracciarli c’è il padre che non faceva altro che aspettare il loro ritorno passivamente.


Favola 2: figlia femmina

Immagine di Freepik
Immagine di Freepik

La bellissima creatura, affezionata, docile e dedita ai lavori domestici, si scontra irrimediabilmente con la matrigna che, invidiosa della sua bellezza, cerca di ucciderla in vari modi: assolda cacciatori per estirparle il fegato; fabbrica pettini avvelenati; si traveste da vecchietta e la corrompe con cibo intossicato. Lei, che oltre ad essere ovviamente arrendevole è anche un po’ stupida -beh, è bella non può essere intelligente- ci casca e casca pure in un bel sonno pre-morte.


E manco quando è in coma può essere lasciata in pace. Anzi, al contrario tutti la guardano perché esposta in una teca di vetro, finché un principe tonto e goffo decide di baciarla senza il suo consenso, perché ricordiamolo non è in facoltà di intendere e di volere. Lei risvegliatasi dal torpore, in pieno stile matrimonio-riparatore, acconsente allo sposalizio.

Uccellini che cantano, trombe a festa, gente ingioiellata. Fine.


Qual è la morale?


Non disubbidire, non accettare nulla dagli estranei, saper aspettare.


Ma anche che i maschi possono essere sì contadini e falegnami ma pure principi, cavalieri, minatori, artigiani, allevatori che lavorano in spazi aperti, che girano il mondo e vivono fantastiche avventure. Mentre le femmine, spesso confinate in luoghi chiusi e tetri, sono destinate ad essere belle o brutte, buone o invidiose, ma in ogni caso madri, serve, streghe e principesse (ovviamente nel senso di mogli-di-principi o figlie-di-re), continuando ad alimentare immaginari stereotipati e penalizzanti per le nostre bambine.

Unisciti ai canali

  • Instagram
  • Facebook
  • Whatsapp
bottom of page