Il 2024 si chiude con una porta che si apre, quella santa del Giubileo, un anno di grazia nel segno della speranza, della riconciliazione, del riscatto per tutti. “Giubileo” che deriva dal termine ebraico jobel che significa corno d’ariete (strumento utilizzato come tromba, il cui suono indicava a tutti l’inizio dell’anno giubilare), era l’occasione per gli ebrei di riottenere liberazione e consolazione: “conterai sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai squillare la tromba dell’acclamazione; nel giorno dell’espiazione farete squillare la tromba per tutto il paese. Dichiarate santo il cinquantesimo anno e proclamate la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo, ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia” (Levitico 25, 8-10). La letteratura biblica, intrisa di speranza e consolazione, ci affida anche a noi uomini di oggi, quello stesso messaggio che risuona sempre nuovo, in un mondo ancora segnato da soprusi, violenza e crisi umanitarie. Un giubileo ogni cinquanta anni che con Gesù diventa il paradigma del cristiano che abbraccia, accoglie e spera. La Chiesa solo nel 1300 proclama il primo anno giubilare, grazie a Papa Bonifacio VIII, proprio con l’intento di offrire ai fedeli un’occasione di grazia e santificazione. Inizialmente il giubileo sarà celebrato ogni cento anni, poi fu ridotto a cinquanta e infine a venticinque per poterlo rendere più accessibile ai fedeli. Ma quali sono le istruzioni che la Chiesa detta per ottenere i benefici di questo anno santo? Il fedele recandosi in una delle chiese giubilari ha la possibilità di ottenere l’indulgenza plenaria di tutti i peccati già confessati e perdonati osservando specifiche indicazioni: la confessione, la comunione e la preghiera secondo le intenzioni del Papa.
Papa Francesco ha voluto dedicare questo anno giubilare alla Speranza, una delle tre virtù teologali, troppo spesso confusa con il banale ottimismo umano. La speranza cristiana non è l’atteggiamento che caratterizza il nostro vivere quotidiano; per il cristiano la speranza è una persona, ovvero Cristo. Allora la speranza, che deve muovere il fedele, non è quella del “bicchiere mezzo pieno”, non è quella del “domani è un altro giorno”, ma la certezza che non si è mai soli, ovvero la certezza della resurrezione, di una vita oltre quella terrena. La differenza ovviamente la fa la fede: la speranza che sostiene chi ha fede è diversa dalla speranza di chi non è retto dalla fede. La speranza unita alla fede si trasforma in attesa di quell’evento che il fedele sa che deve accadere. Allora la speranza vista con gli occhi di oggi non è “il quiete vivere” non è rimanere nella propria “comfort zone”, ma è sporcarsi le mani, assumersi le responsabilità, ribellarsi alle ingiustizie, è rimboccarsi le mani. Il Giubileo è la grande occasione per il fedele di ricongiungersi con Dio e con il prossimo: gli ebrei aspettavano l’anno di grazia per vedersi liberati dalla schiavitù o ottenere il condono di ogni debito, per i cristiani è come comprare un biglietto della lotteria con la certezza di avere già vinto il primo premio.