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Quando hai un ragazzo inglese…

Disclaimer: questo articolo contiene una marea di stereotipi e generalizzazioni culturali. Fatevene una ragione.


L: Sono un po’ in ritardo, potresti cominciare a fare il soffritto per il sugo?


P: Of course babe!


Cosa trovo quando torno a casa? Una padella cinese con dentro dell'aglio fatto a pezzi manco fosse stato assassinato dal Mostro di Firenze e un broccolo rinsecchito che vaga disperato in 50cm di padella in cerca di un po’ d'olio in cui friggere. E lui che mi guarda offeso quando rido a crepapelle incredula: What's wrong? (Cosa c'è che non va?)

Ma non sono solo le incomprensioni culinarie che contraddistinguono la vita di coppia quando stai con un inglese. Ci sono parecchi disallineamenti culturali e linguistici che rendono la quotidianità uno spasso.


Gli inglesi sono, generalmente, un popolo più tranquillo degli italiani. Si lamentano meno, si divertono di più, e sono noti preferire una birra al pub parlando del nuovo allenatore del Liverpool, rispetto ad una discussione animata sulla politica del momento. Tendenzialmente, sono molto educati e pacati (almeno fino alla quarta birra), e spesso la lingua riflette la loro cordialità. Molte delle loro richieste comincia con may I…(Potrei…) Could you… (Potresti…) O la mia preferita in assoluto: we should get into the habit of…(Dovremmo abituarci a…) un trionfo di cordialità che non sempre è accolto a braccia aperte da noi italiani che siamo, forse, un po’ più spontanei e sicuramente meno formali.


R: could you possibly pass the parmesan please? (puoi possibilmente passarmi il parmigiano per favore?)


Papà mi guarda confuso..”ma vuole il parmigiano? E dì: “Passa il parmigiano!”

E poi ragazzi…io sono bergamasca. Un popolo che a volte fa paura anche agli italiani che vengono da altre regioni. Vi immaginate un inglese che va a sciare per la prima volta nelle prealpi Orobiche che si mette in fila al tornello e aspetta il suo turno mentre frotte di sciatori che abitano in zona gli passano davanti con la grazia di un tifoso atalantino in trasferta urlando ehhhh möes fó peroʻ nè (trad: eh muoviti peroʻ): scene impagabili.


Una situazione simile si ripropone durante le discussioni. Io, donna italiana che dà fuori di matto con le emozioni che fuoriescono come fiume in piena, tral'altro in inglese quindi a volte senza un pieno senso linguistico-grammaticale del discorso, lui che, composto, ascolta e rielabora, per poi presentarmi il suo elenco puntato di risposta con una coerenza manco fosse un power point. Esasperante.


Un'altra scena interessante si presenta al mare, generalmente sulla costa tirrenica, con 40° all'ombra ad agosto, come di consueto. Io con crema solare, salviettone, panino, olio capelli, costume di ricambio, acqua… lui, che è già bello se si ricorda le infradito. Infatti, in Inghilterra non si sta in spiaggia per più di un'oretta visto che un momento si schiatta di caldo, e due minuti dopo sei Kate Winslet, fradicia galleggiante su una porta in mezzo ai ghiacciai che piange e saluta Leo Di Caprio per sempre. E non sia mai che gli consigli di portarsi un cambio asciutto…quando capita, parte la ramanzina sugli italiani ipocondriaci che si ammalano sempre e che hanno paura delle correnti d'aria: you're such a nonna (sei proprio una nonna). Io generalmente ribatto con: and you're a shrimp (e tu sei un gamberetto), alludendo al colore della sua pelle dopo 10 minuti di sole. Ma che ve lo dico a fare, sono sicura che sapreste riconoscere un inglese in spiaggia da chilometri di distanza, sono quelli fosforescenti. Gli spagnoli hanno persino un termine specifico per loro: los guiris, i turisti di nazionalità non identificata ma tendenzialmente inglesi o tedeschi, che mangiano, bevono e si comportano “da turisti” (lascio al lettore l'interpretazione di cosa voglia dire comportarsi da turista).


La cosa più bella di questo articolo è che posso dire quello che voglio perchè il mio ragazzo non parla italiano. Già, perchè si sa, gli inglesi non parlano altre lingue: perchè mai dovrebbero, quando possono andare a Benidorm e passare la vacanza al pub “The Shooting Star” senza preoccuparsi di doversi impegnare a tradurre fish&chips. Ovviamente, come tutte le italiane che stanno con uno straniero, ci ho provato anch'io ad obbligarlo a studiare l’italiano, ricatti emotivi e asserzioni teatrali inclusi: “tu non capisci cosa significa tradurre i tuoi pensieri in un altra lingua tutti i giorni…” (da leggersi in stile telenovela). Tuttavia, al di là di quando dice “carrrrma” al cane (l'insegnante, pazientissima, era romana), non ha trattenuto molto altro.


Quindi sono salva. O almeno credo.

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