Il paesaggio ha un volto e spesso un volto è un paesaggio. La letteratura è ricca di descrizioni di olivi e olivastri impressi nei lineamenti dei contadini e tanti poeti hanno addirittura riconosciuto la propria biografia nelle linee del contesto di appartenenza e della sua specifica natura. Eppure, qualunque cosa vi si legga, ogni paesaggio sta progressivamente diventando territorio e il territorio sempre più spersonalizzato, mentre la forte antropizzazione rende ogni pezzetto di suolo una perdita irrimediabile.
Italo Calvino nel 1957 pubblicò per la prima volta sulla rivista internazionale “Botteghe Oscure” il racconto La speculazione edilizia, che lui stesso definì il migliore lavoro svolto fino a quel momento. Aveva 34 anni e, dopo la fine della Guerra e il suo contributo alla Resistenza, era diventato membro della Commissione Culturale nazionale del P.C.I.: sempre combattuto tra adesione al partito e anarchia, ritrae Pietro Caisotti, il personaggio che, secondo Quinto Anfossi, intellettuale di sinistra e protagonista del racconto, è il rappresentante di “un’equivoca e antiestetica borghesia di nuovo conio, come antiestetico e amorale era il vero volto dei tempi”.
Si tratta di un imprenditore, campagnolo, dalle mani grandi e ambiguo abbastanza da tenere testa agli appetiti costruttivi della Riviera ligure. Egli sintetizza fin dai lineamenti la pericolosità scivolosa degli interessi che orbitano intorno al cemento, i quali sembrano non avere colore né consistenza proprio come la sabbia che rende porosa la sua pelle, cosicché le sue stesse espressioni e le linee del viso sembravano non tenere, pronte a franare da un momento all’altro, come la teoria di parallelepipedi e di poliedri che spuntavano a precipizio sul mare sotto la finestra della casa di Quinto, al punto da renderne intollerabile la vista, perché quel paesaggio stava diventando progressivamente più estraneo.
A un tratto però Quinto capisce che “chi non svolge un’attività economica non è un uomo che vale”, mentre noi intellettuali, racconta a sé stesso, “stacchiamo le prospettive storiche dagli interessi, e così perdiamo ogni sapore della vita, ci disfiamo, non significhiamo più nulla”. Allora per salvarsi decide di… sacrificare il giardino della madre per partecipare di tutta questa febbrile attività di costruzione e va a cercare il Caisotti in uno dei posti in cui “l’impresa costruiva una casa, anzi, innalzava una preesistente casetta a due piani, in una via centrale, colmando il vuoto in mezzo ai palazzi”. Quinto decide pertanto di provare a mettersi dalla parte dei Caisotti di turno e dal 1957 sembra che i loro affari, più o meno fallimentari, non si siano mai arrestati. A chi giova?
Senza andare troppo lontano, basta affacciarsi alla home page del Forum Salviamo il Paesaggio per trovare i seguenti quesiti: perché in Italia sono presenti oltre 7 milioni di abitazioni non utilizzate, 700 mila capannoni dismessi, 500 mila negozi definitivamente chiusi, 55 mila immobili confiscati alle mafie, eppure si continua a costruire? La nostra penisola vive una crescente emergenza abitativa, alla quale la risposta del Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, è stata il c.d. Decreto Salva Casa, approvato dal Governo lo scorso 24 Maggio e diventato Legge n. 105/2024 appena due mesi dopo, ma che di fatto non risolve il problema, perché, la crisi è quella degli inquilini, degli studenti fuori sede, dei canoni di affitto insostenibili per le famiglie, anche perché il fondo di sostegno non è stato rifinanziato negli ultimi due anni, come denunciato dal SUNIA. Il testo di legge, piuttosto, allarga le maglie delle possibilità di costruire e di sanare. Si possono, per esempio, rendere abitativi gli immobili (sottotetti compresi) con altezza minima di 2,40 m., a fronte dei precedenti 2,80 m., i monolocali di 20 mq per una persona a fronte delle precedenti disposizioni (min. 28 mq), per due invece si scende da 38 a 28 mq, riformulando di fatto gli standard per i micro-appartamenti da immettere sul mercato. Si possono condonare piccole difformità ante 24 Maggio 2024: si tratta di tolleranze costruttive ovvero il mancato rispetto di altezze volumi distanze… un tramezzo, una finestra, una tamponatura del terrazzo spostata un po’ più in qua, un soppalco e “ogni altro parametro previsto dal titolo abitativo e che non comportano violazione edilizia”.
Ci sono poi le tolleranze esecutive: irregolarità eseguite durante il lavori, ma che rientrano nella disciplina edilizia e urbanistica, aumenti volumetrici compresi. Queste tolleranze variano dal 2% al 6%, in misura inversamente proporzionale alla sola superficie autorizzata con il titolo edilizio e si applicano ai progetti completati entro il 24 Maggio scorso; per quelli avviati in data successiva la tolleranza è del 2%. Il Piano Casa della Regione Campania, per esempio, è scaduto nel 2022, ma il 4 Agosto 2021 è stata approvata una Legge Regionale che consente il 20% di ampliamento sulle prime e seconde case a sua volta, nel caso di demolizione e ricostruzione, incrementabile al 35%: c’è da stare tranquilli in quanto a rigenerazione urbana e riduzione della impermeabilizzazione dei suoli, aspetti ai quali si appella l’atto appena citato.
Tutti insieme questi provvedimenti favoriscono piccoli e grandi proprietari, imprenditori e capitali e le loro conseguenze si vanno materializzando sui nostri paesaggi, compresi quelli considerati ormai degradati, antiestetici, privi dei requisiti minimi di vivibilità (parchi e aree pubbliche, decoro urbano, etc.). E allora ecco che edifici storici di un solo piano diventano palazzi, che nelle aree collinari, accanto o al posto dei ruderi, sputano graziose villette; capannoni si accompagnano a graziose cassette senza fondamenta. È tutta una febbre dei volumi, una rincorsa allo spazio, una frenesia di calcoli percentuali. Ma, di nuovo, a chi serve?
Non a chi evidentemente una casa stenta ad averla e non a chi necessita di contesti dal volto più umano per viverci emotivamente meglio, non ai figli che se ne vanno, neanche a chi resta, men che meno a chi arriva.