Gli scontri tra tifoserie in Europa rappresentano un fenomeno tristemente noto, spesso con esiti tragici in termini di vittime e atti di vandalismo. Tuttavia, ciò che è accaduto ad Amsterdam la scorsa settimana assume una gravità particolare, non solo per le dinamiche degli eventi, ma anche per le reazioni dell'amministrazione cittadina. Giovedì scorso non si è trattato esclusivamente di una rivalità calcistica, ma di una questione politica. A scontrarsi sono stati, infatti, gli hooligan israeliani del Maccabi Tel Aviv e i manifestanti pro-palestinesi, prima e dopo una partita di Europa League contro l'Ajax.
I disordini, però, sono iniziati molto prima del match, allertando la città sin dalle prime ore del mattino ed è utile ricostruire gli eventi per comprendere l'origine di questa escalation e per analizzarne le conseguenze. Alcuni giorni prima della partita, il sindaco di Amsterdam, Femke Halsema, aveva vietato una manifestazione pro-Palestina prevista nei pressi dello stadio, volta a condannare il genocidio in corso a Gaza. Molti attivisti pro-palestinesi avevano chiesto l’annullamento della partita o almeno il divieto di accesso ai tifosi israeliani in città, entrambe richieste non accolte che avevano alimentato un clima di tensione.
Ma chi ha dato il via all’escalation? Facendo un giro tra le capitali europee, come due anni fa era avvenuto per l’Ucraina, è facile notare bandiere palestinesi sui balconi delle abitazioni. Tuttavia, questo simbolo di solidarietà non è stato gradito dagli israeliani giunti in città, che hanno iniziato a staccarle, aggredendo anche un tassista. Durante i disordini, è stato registrato un video in cui un tifoso israeliano urlava "Fuck you terrorist, Sinwar die, everybody die, All the terrorist die".
Poco prima della partita, gli israeliani hanno intonato canti inneggianti alla morte degli arabi e alla distruzione delle scuole di Gaza e durante il match, i tifosi del Maccabi non hanno rispettato un minuto di silenzio per le vittime delle inondazioni in Spagna, interrompendo il momento con fischi e fuochi d'artificio. Le provocazioni hanno dunque raggiunto livelli estremi, e i manifestanti pro-palestinesi hanno reagito. Video mostrano scontri tra i manifestanti e i sostenitori del Maccabi, i quali venivano accerchiati e malmenati violentemente. Centinaia di poliziotti erano stati dispiegati, ma le forze dell’ordine olandesi sono state criticate per la loro lentezza nel rispondere agli incidenti, intervenendo solo quando vi erano già dei feriti. Centinaia di israeliani si sono rifugiati nei loro hotel per ore, temendo di essere attaccati, tant’è che Israele ha disposto aerei della compagnia El Al per far rientrare senza spese i tifosi, in un clima di emergenza tale da richiedere il permesso di operare anche di sabato, in deroga alle tradizioni religiose ebraiche. Venerdì, membri delle comunità giudaiche e israeliane locali hanno organizzato carpool per scortare i tifosi all'aeroporto, preoccupati che potessero essere assaliti lungo il tragitto verso i voli di evacuazione.
Ciò che ha sorpreso, o forse no, è stata la reazione del sindaco di Amsterdam, che ha condannato la violenza definendola un attacco antisemita, etichettando i manifestanti pro-palestinesi come “criminali”. Nel frattempo, l’ufficio nazionale antiterrorismo ha chiesto alle autorità locali di valutare le possibili conseguenze di quanto accaduto, coincidente con la commemorazione della Notte dei Cristalli, un tragico evento storico in cui 86 anni fa gli ebrei furono attaccati sul suolo europeo, per essere ebrei.
Rileggendo quanto è stato scritto, sembra davvero così? Possiamo davvero definire ciò che è accaduto un attacco antisemita? La risposta è no. Non vi è una radice religiosa o di punizione etnica in questi scontri, ma piuttosto una matrice politica. Le reazioni dell’amministrazione di Amsterdam e della stampa europea ci costringono nuovamente a riflettere su come la violenza e l'hate speech possano passare inosservati solo quando a perpetrarli sono gli israeliani. Questo rappresenta un doppio standard che, tristemente, osserviamo quotidianamente dall'altra parte del Mediterraneo.
Se i tifosi del Maccabi sono liberi di strappare le bandiere dai balconi in una città che li ospita, senza alcuna reazione, e se possono inneggiare alla morte degli arabi senza ricevere alcuna condanna, ciò che ci viene mostrato è una tolleranza per la violenza. Le violenze contro i cittadini israeliani devono essere condannate, tanto quanto i comportamenti vandalici compiuti da questi ultimi.
L'Europa appare sempre più fratturata tra il sentire del popolo e quello dei governi. È pericolosamente vero che, continuando a confondere atti antisemiti con scontri politici e giudaismo con sionismo, il pericolo dell'antisemitismo diventerà sempre più reale e vicino a noi. Questa confusione non solo distorce la realtà dei fatti, ma alimenta anche una narrativa pericolosa che potrebbe esacerbare tensioni già esistenti. La capacità di discernere tra critica politica e odio religioso è fondamentale per evitare di cadere in trappole retoriche che possono avere conseguenze gravi e durature.