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Tra i valori tradizionali identitari dell’Europa mediterranea c’è anche l’ospitalità

Vengono tutti da Zeus gli stranieri e i mendichi.

 

Per questo la fanciulla, Nausicaa, trova il coraggio di soccorrere il naufrago, Ulisse, che le si presenta davanti nudo e spaventoso.

 

Viviamo in tempi in cui molti sono, di nuovo, alla ricerca di una identità nazionale: al relativismo più spinto fa da contraltare la volontà di definirsi in gruppi. In questo modo, il noi si contrappone al loro, il confronto con gli altri esseri umani tende a semplificarsi, le identità individuali si appiattiscono su quelle collettive, raramente vogliamo conoscere le persone per come sono realmente.

Migranti accoglienza inclusione valori mediterranei
Ggia, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Potrebbe anche essere rassicurante, se non fosse riduttivo e se il fenomeno che ne risulta non fosse quello di aggrapparsi a pseudo-identità che si oppongono grossolanamente tra loro (un po’ come allo stadio).

 

Invano la Storia ci mette in guardia contro il nazionalismo e ci insegna che il concetto di nazione è labile, che… i popoli non sono eterni, come nascono così muoiono, e basta pochissimo perchè comincino a morire: basta, talvolta che la gente smetta di crederci. Quello che è successo gli Unni dopo la morte di Attila… non è molto diverso da quello che è successo agli Jugoslavi, inventati e poi di nuovo spariti nell’arco di un secolo… (A. Barbero).

 

Mi sembra che la Ragione abbia ricominciato a dormire.

 

In tempi e luoghi in cui trionfa il laicismo, molti rivendicano le radici cristiane dell’Europa, scordandosi, tra l’altro, che la conversione al cristianesimo è spesso avvenuta, anche in Europa, attraverso la violenza e la prevaricazione, dimenticando Locke, Voltaire, i grandi pensatori, pure europei, che hanno promosso la tolleranza. Ma tant’è: per la politica occidentale, oggi, il nemico è l’Islam, per noi Africani e Mediorientali sono, genericamente, islamici, quindi noi torniamo a essere crociati, nemici dei migranti.

 

Se dobbiamo recuperare le nostre origini culturali, tuttavia, ricordiamoci che la cultura dell’Europa mediterranea ha un suo caposaldo nell’ospitalità. Si tratta di una cultura antica, ma visceralmente radicata nella mentalità tradizionale, anche del nostro Meridione. 

Migranti accoglienza inclusione valori mediterranei
"Vengono tutti da Zeus gli stranieri e i mendichi. " Per questo la fanciulla, Nausicaa, trova il coraggio di soccorrere il naufrago, Ulisse, che le si presenta davanti nudo e spaventoso.

Per gli antichi Greci, l’ospite è sacro, perché viene da Zeus.

 

Il vincolo ospitale lega gli individui attraverso le generazioni, tanto che eroi di eserciti contrapposti, come Glauco e Diomede, nell’Iliade, rifiutano di combattere tra loro quando costatano che Oineo, nonno di Diomede, accolse nella sua reggia Bellerofonte, nonno di Glauco, e rinnovano, scambiandosi le armi, l’antica amicizia.

 

Il legame reciproco va salvaguardato, per riconoscere l’ospite a distanza di tempo si usa il symbolon: un oggetto spezzato, di cui si conserva una metà, perfettamente complementare alla metà conservata dall’ospite.

 

Lo scambio di doni suggella il legame ospitale.

 

La sacralità del vincolo porta terribili conseguenze per chi lo spezza: il troiano Paride è ospite del re di Sparta Menelao, quando, approfittando dell’assenza del sovrano, parte portando con sé la sua bella moglie, Elena. Seguiranno dieci durissimi anni di guerra, la guerra di Troia.

 

Ciò che più colpisce, però, è che l’ospitalità non è riservata a persone note o di pari grado.

 

Ulisse, naufrago senza identità, viene accolto con tutti gli onori alla reggia di Alcinoo.

 

poiché sei giunto nella nostra terra e nella nostra città, non resterai senza abiti, né senza il resto che si deve dare a un supplice, provato dalla sventura, dice la giovane figlia del re all’uomo spaventoso di cui ignora le nobili origini.

 

Potremmo anche scegliere di riconoscerci in questa eredità culturale, sovranazionale, mediterranea, antica e radicata: quello che oggi soccorriamo in un momento di fragilità, riconoscendo, anche cristianamente, la sua umanità, domani potrebbe rivelarsi per noi una risorsa.

 

Coltivare vincoli sacri, del resto, può contribuire a costruire una cultura del rispetto e quindi della pace.

 

A cosa può portare, invece, trattare un essere umano come uno scarto, sacrificabile sull’altare del nostro benessere e della nostra sicurezza?

 

Pier Paolo Pasolini, nella sua acutezza visionaria, aveva profetizzato in tempi non sospetti, nel 1964, gli esiti cui il sistema capitalistico avrebbe condotto, ovvero ciò che sta accadendo nel mare Mediterraneo.

 

Alì dagli Occhi Azzurri

uno dei tanti figli di figli,

scenderà da Algeri, su navi

a vela e a remi. Saranno

con lui migliaia di uomini

coi corpicini e gli occhi

di poveri cani dei padri

sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sè i bambini, e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua. Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali. Sbarcheranno a Crotone o a Palmi,

a milioni, vestiti di stracci

asiatici, e di camicie americane.

Subito i Calabresi diranno,

come da malandrini a malandrini:

«Ecco i vecchi fratelli,

coi figli e il pane e formaggio!»

Da Crotone o Palmi saliranno

a Napoli, e da lì a Barcellona,

a Salonicco e a Marsiglia,

nelle Città della Malavita.

 

Su una cosa Pasolini sembra essersi sbagliato: molti di noi non riconoscono nei migranti vecchi fratelli, ma nemici da cui proteggere i confini della nazione. L’ospitalità non è più un dovere sacro, per le genti mediterranee.

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