«Ai pazienti non do psicofarmaci e non chiedo mai del loro passato. Le più infelici? Le donne belle dopo i 40 anni»
Raffaele Morelli al Corriere della Sera
Le parole in questione sono la dichiarazione di uno psichiatra e psicoterapeuta molto noto, che ha ormai da anni l’approvazione di molti, basta guardare ai 27,1 mila like che ha riscosso questa intervista sulla pagina del “Corriere della Sera” su Instagram.
Queste parole mi hanno fatto rabbrividire ed è per questo che ho sentito l’esigenza di scrivere questa consapevole riflessione, per cercare di invitare voi tutti a riflettere.
Innanzitutto questa dichiarazione sugli psicofarmaci per me è molto pericolosa, poiché non fa che aumentare il fenomeno di demonizzazione di questa importante classe di farmaci. Pensate quanto chi legga e concordi, senza un minimo di pensiero critico, si appelli al fatto che lo ha affermato un medico.
Gli psicofarmaci, in molti casi, sono fondamentali; essi hanno salvato e continuano a salvare tantissime vite; ma purtroppo nella società c’è una diffusa demonizzazione di questa classe di farmaci, dovuta alla disinformazione, e che parole simili non fanno che alimentare, dando vita a pregiudizi di non poco conto nei confronti di chi li assume e soprattutto portando gli stessi pazienti a diffidare degli specialisti che li seguono.
Giorgio Racagni, professore ordinario di Farmacologia e direttore del Dipartimento di Scienze farmacologiche all’Università di Milano, in un’intervista per Fondazione Veronesi ci dice: «[…] per la depressione vera - progressiva, cronica, ricorrente, se mai con idee di suicidio – gli antidepressivi dimostrano un’efficacia del 70-80%, specie se integrati con la psicoterapia.» Di fronte al pregiudizio verso tutto ciò che comincia con «psico», il professore Racagni ci dice che i disturbi psichiatrici sono malattie molto biologiche e aggiunge: «È stato dimostrato, ma sono i tabù duri a morire».
Gli psicofarmaci vengono visti come chissà quale classe di farmaci solo perché riguardano la mente, ma in giro ci sono tantissime classi importanti di farmaci, se le demonizzassimo tutte, nessuno si salverebbe più!
L’altra affermazione di Morelli che mi lascia perplessa è quella in cui sostiene di non chiedere nulla del passato ai pazienti. Ritengo infatti che il sintomo sia l’effetto di una causa e che la causa sia da ricercarsi nelle esperienze vissute del paziente. Persino secondo la fisica a ogni azione corrisponde sempre una reazione!

Infine, ciliegina sulla torta, il “dottor” Morelli dichiara che «Le più infelici dopo i 40 anni sono le donne belle perché non ricevono più complimenti». E continuo a rabbrividire! Il nostro presunto “esperto” della salute mentale considera le donne della nostra società totalmente dipendenti dallo sguardo maschile, come se non ci fossero altri aspetti della propria realizzazione e autostima. E comunque, si tratta di una fortissima generalizzazione. Mi piacerebbe chiedere al “dottore”: “Ma «le donne belle» sono esclusivamente quelle che lei considera “belle”?
Ci sono tantissime donne che non dipendono dallo sguardo altrui, benché meno maschile. Ma seppure ce ne fossero ancora che fanno dipendere il proprio benessere da un complimento… beh, piuttosto che cedere a generalizzazioni così forti, mi interrogherei sull’educazione socio-culturale che abbiamo ricevuto e che ha portato a molte situazioni degeneranti di questo tipo.
Per concludere, vi invito a fare attenzione a dichiarazioni del genere e soprattutto a riflettere prima di mettere un like!