In un Paese, caratterizzato dal dato statistico della morte ogni tre giorni di una donna per mano del partner o dell’ex, ha fatto specie che qualche settimana fa ne siano state uccise tre in un solo giorno. Ma, accanto a questa anomala nota di rilievo, ve ne è un’altra altrettanto particolare, ossia due delle vittime sono state ammazzate da uomini nei cui confronti era stata applicata la misura di sicurezza del braccialetto elettronico. Sia Celeste Rita Palmieri, il 18 ottobre scorso, che Carmela Ion, il giorno successivo, sono state uccise nonostante tale dispositivo elettronico, risultato fallace anche nel caso del femminicidio compiuto a Torino il passato 23 settembre ai danni di Nabu Roua.
La prima versione del Codice rosso, approvata nel 2019, dispose l’applicazione del braccialetto elettronico a chi si vedeva comminato dal magistrato il divieto di avvicinamento alla donna vittima della sua violenza. La successiva versione della suddetta normativa, ossia la legge 169/2023, ha potenziato l’uso di tale strumento, perché si è stabilito che valga anche per i cosiddetti “reati spia”, indicatori di violenza di genere e minacce. In tal modo, però, se ne è incrementata la richiesta che parrebbe non potere essere onorata dalla Fastweb, azienda vincitrice nel 2023 della correlata gara d’appalto, perché non in grado di fare fronte all’incremento della domanda da parte dei magistrati, considerato che la legge 168 sia ad invarianza finanziaria. Se, conseguentemente, lo Stato non mette un euro sulla sua applicazione, come potrebbe allora la Fastweb essere messa nelle condizioni di onorare le richieste pervenutele, se non viene messa in condizione di acquistare nuovi dispositivi di sicurezza?
A questo deficit di raccordo tra domanda e offerta di braccialetti elettronici, v’è peraltro da aggiungere che spesso essi non suonino o lancino gli opportuni allarmi oppure che la centrale operativa non riceva alcun segnale idoneo a consentire l’arrivo delle forze dell’ordine, che purtroppo invece pervengono sul luogo del femminicidio a delitto avvenuto, come è avvenuto per Celeste Rita Palmieri. Senza contare poi i falsi allarmi, che in un mese sono arrivati addirittura a 20.000. La tecnologia, di certo, è uno strumento rilevante, ma senza il giusto supporto e l’idonea prontezza non può di per sé garantire la sicurezza della donna vittima di violenza maschile. Un fenomeno che può essere contrastato solo laddove agli strumenti tecnologici si associno, ad esempio, la preparazione delle forze dell’ordine e dei magistrati al riguardo ed una corretta loro relazione con i centri antiviolenza e gli enti che supportano le vittime.
Alcune associazioni femminili, già con la promulgazione della versione iniziale del Codice rosso, avevano rimarcato con fermezza che il contrasto a tale genere di violenza non potesse affidarsi solo a misure securitarie, come ad esempio il braccialetto elettronico. Il loro decennale impegno, teso a richiedere alle autorità competenti congrue misure per arginare questa emergenza sociale, così come l’ha definita il presidente Mattarella, aveva convinto tali associazioni che solo un’efficace interazione istituzionale fosse la risposta idonea a fronteggiate gli abusi maschili sulle donne. Ancora oggi tali enti sono dell’opinione che, quando interviene la soluzione penale, sia fin troppo tardi, come dimostrano gli ultimi femminicidi.
Se, poi, a tale considerazione si aggiunge la fallibilità del braccialetto elettronico, per malfunzionamento, guasti, manomissioni, si comprende come tale dispositivo di sicurezza non sia lo strumento capace di evitare il compimento o la reiterazione dei reati connessi ala violenza di genere. D’altronde tre donne uccise di femminicidio in un mese, pur in presenza del braccialetto elettronico, sono troppe per potere rassicurare le altre, che fiduciosamente si rivolgono alle autorità competenti, in quanto bisognose di tutela e protezione. Le loro esigenze valgono prima di tutto ed in loro nome sarebbe opportuno porre rimedio ai dubbi al riguardo di tale dispositivo di sicurezza. Da riconsiderare, senza se e senza ma.