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Scienza, tecnica e differenze culturali. La necessità di superare il “colonialismo etico”

I progressi significativi registrati negli ultimi anni in diversi ambiti della ricerca scientifica e nelle relative applicazioni tecnologiche pongono con crescente urgenza una serie di interrogativi di varia natura (in particolare, etica, politica e sociale) in merito al loro impatto extrascientico. In altri termini, se è vero come è vero che a partire dalla Rivoluzione Scientifica e dalle diverse rivoluzioni industriali ad essa conseguenti la scienza e la tecnica (in una parola: la tecnoscienza) sono due fattori determinanti delle nostre società, è necessaria una lettura di tali fattori che non si limiti al piano rispettivamente epistemologico e tecnologico, ma che ne consideri l´impatto sulla vita comunitaria in senso ampio.

A tale riflessione ha tradizionalmente provveduto la riflessione filosofica (in particolare la filosofia morale e la filosofia della scienza), fino ad arrivare, tra XX e XXI secolo, alla nascita di specifiche discipline come la bioetica, la neuroetica e l’etica dell’intelligenza artificiale. Trattasi di discipline relativamente giovani, per cui la discussione è ancora aperta in merito al loro statuto disciplinare nonchè in merito al loro ambito di riflessione e a quale sia il metodo più utile da applicare. In questa breve riflessione intendo soffermarmi su un aspetto della riflessione etica sulla tecnoscienza che è ancora poco esplorato: la tendenza ad applicare un approccio di tipo principialistico, ossia fondato su princìpi ritenuti fondamentali e auto-evidenti (assiomatici), validi in assoluto. Tale approccio corre il rischio di risolversi in una forma di colonialismo etico, ossia nel disconoscimento delle differenze culturali che legittimante dovrebbero trovare cittadinanza nella discussione etica sulla tecnoscienza, inclusa la discussione su (presunti) princìpi fondamentali.

 

Il caso delle neuroscienze e dell’intelligenza artificiale è emblematico. Ci sono almeno tre fattori che giustificano la necessità di considerare le differenze culturali nell´analisi etica di questi due campi disciplinari. Innanzitutto, sia le neuroscienze sia l´intelligenza artificiale possono avere un impatto significativo sulla cultura, inclusi i valori socio-politici, a livello locale, internazionale e globale, per esempio rendendo possibili nuove forme di conoscenza, nuove forme di relazioni sociali, e nuovi modi di pensare noi stessi e le nostre società. Inoltre, valori politici e altri fattori non direttamente epistemici influenzano la ricerca neuroscientifica e dell´intelligenza artificiale, con un significativo impatto, per esempio, sulle decisioni in merito alle priorità e ai fondi della ricerca scientifica. Infine, i contesti culturali possono definire come le parole e i relativi concetti sono utilizzati nella ricerca scientifica e come le conseguenti innovazioni sono interpretate e percepite, oltreché come le questioni etiche e sociali che esse sollevano sono concepite e affrontate. Esiste, pertanto, una reciproca influenza tra diversità culturale da un lato e neuroscienze e intelligenza artificiale dall’altra.

A questi tre fattori corrispondono importanti questioni etiche. Per esempio, gli sviluppi di neuroscienze e intelligenza artificiale hanno aperto nuovi orizzonti e nuove possibilità, ma solo a coloro che hanno gli strumenti (inclusi quelli culturali) per potervi accedere. La cultura, infatti, intesa in senso ampio come l´insieme di valori e conoscenze che informano la visione del mondo (Weltanschauung) di un individuo, è la lente attraverso la quale noi percepiamo e interpretiamo il mondo, inclusa la tecnoscienza. Per esempio, in passato per descrivere il cervello si utilizzava la metafora del telegrafo o del telefono, mentre oggi tendiamo a descriverlo paragonandolo a un computer. Inevitabilmente il concetto di cervello che deriva da queste diverse metafore è differente. Questo significa che fattori culturali condizionano il modo in cui interpretiamo, categorizziamo e concettualizziamo la tecnoscienza.


Sul piano etico, ne consegue che è necessario pensare a una strategia che scongiuri il rischio di un colonialismo etico. In un volume sul rapporto tra neuroetica e differenze culturali, tale necessità è stata analizzata in riferimento ai più recenti sviluppi delle neuroscienze, ma rimane molto da fare sul piano della prassi politica e del dibattito pubblico. Le differenze (che spesso divengono diseguaglianze) culturali caratterizzanti la nostra società sono una priorità etica che merita maggiore attenzione.


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