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Schlein e l’unità come parola chiave per la costruzione di un campo progressista

“Il nostro progetto è unire chi non si riconosce in questa destra e proporre un’agenda credibile.” Così si è espressa Elly Schlein durante l’assemblea nazionale del Partito democratico tenutasi all’Auditorium Antonianum di Roma. “Unità – ha osservato – è anche la parola chiave del nostro percorso di costruzione di un campo progressista.”


Molteplici i temi affrontati dalla segretaria nella sua relazione: l’autonomia differenziata, (“lo Spacca-Italia”, smontato dalla Corte costituzionale) e il via libera della Cassazione al referendum; le tragedie sul lavoro, (“le cinque vittime di Calenzano); il clamoroso fallimento dei centri dell’Albania; la delegittimazione del potere giudiziario da parte del governo. La sanità: “Gemmato dice che io politicizzo la sanità, come se la scelta di tagliare i fondi della sanità pubblica non fosse una scelta politica. Io politicizzerò ma lui privatizza.” Schlein si è espressa in favore della manifestazione contro il ddl sicurezza, cui il PD ha aderito, ammonendo: “Giù le mani dal diritto costituzionale di sciopero”. E ha parlato di salario minimo, bloccato dell’esecutivo con una mano, mentre ha aumentato con l’altra gli stipendi ai ministri. Ha ironizzato: “Il presidente del Senato, Ignazio La Russa ha detto di ‘aver sentito’ che il salario minimo danneggerebbe 20 milioni di lavoratori. Ma sentito da chi? La Russa esca dalle chat di fake news di Trump e Musk”.

 

Ma è l’unità il punto focale della relazione. Per costruirla è necessario prestare attenzione alle realtà e alle difficoltà di un paese, accoglierne le voci. In questo senso, “bisogna lavorare sulla larghezza e la profondità, abbiamo tempo, usiamolo bene, per costruire il progetto per l’Italia su sanità, istruzione, ricerca e industria clima e diritti. Non da soli, ma con le migliori energie del paese e dialogando che le forze politiche e sociali”. Colei che si dice “testardamente unitaria” è consapevole “che la politica ha i propri tempi e i tempi devono maturare”, ed è altrettanto consapevole che “essere primo partito ci impone maggiore generosità, ma non possiamo pensare di passare quest’anno a farsi ognuno gli affari propri e rinviare alla vigilia delle prossime politiche un lavoro di costruzione di un’alternativa che dobbiamo alla nostra gente. Continuiamo a coltivare battaglie comuni, perché siamo più forti”.

 

Non ho potuto fare a meno di pensare a chi invece sembra voler sabotare la costruzione di quest’unità. Sedicenti progressisti che, svuotando il progressismo dei valori che gli sono proprio, i medesimi della sinistra, per esempio l’accoglienza, pare che, anziché in un’alternativa, si sentano a loro agio in un’ambiente come Atreju. Dove, per usare le parole di Schlein, è andato “in scena il favoloso mondo di Ameloni, con trovate propagandistiche che raccontano che il Paese va a gonfie vele,” di contro a una realtà che esiste “testarda nei numeri e nella vita quotidiana degli italiani. Non siamo nel regno di fantasia, più che il mondo di Atreju qua è il dilagare del vostro nulla”. Un nulla carico di livore, come le parole di colei che dovrebbe essere la presidente del Consiglio di tuttǝ lǝ italiane, ma che invece dal palco, forte dell’essere stata definita strongman, non ha disdegnato neppure di lanciare a Schlein, una frecciata sminuente, bulla e intrisa di omofobia: “Preferisce l’esibizione su un palco con J-Ax o un balletto sui carri del gay pride”.

 

Non credo ci sia bisogno un linguaggio aggressivo e divisivo. Affinché il conflitto, vitale per il dinamismo di una democrazia progressista e moderna, non sfoci in violenza, ma in un dialogo autenticamente costruttivo tra le parti, per la tenuta unitaria di un Paese, ciò che si rende necessaria è la gentilezza. L’Italia ha bisogno di gentilezza e di una leader gentile. E, a mio avviso, Elly Schlein lo è.

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