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Sala e Abedini e le circostanze kafkiane della loro reclusione

«Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., perché una mattina venne arrestato senza che avesse fatto niente di male.» Con queste parole Franz Kafka apre il suo romanzo Il processo, un’opera che esplora l’angoscia e l’assurdità di un sistema giudiziario opaco e incomprensibile. Questo incipit sembra risuonare con particolare forza nelle vicende di Cecilia Sala, giornalista italiana arrestata in Iran, e di Mohammad Abedini-Najafabadi, cittadino iraniano detenuto in Italia. In entrambi i casi, infatti, emergono dubbi sulla reale sussistenza di reati e si intravede l’influenza di dinamiche internazionali, in particolare il ruolo degli Stati Uniti.

Cecilia Sala, giornalista italiana arrestata in Iran, e di Mohammad Abedini-Najafabadi, cittadino iraniano detenuto in Italia
Cecilia Sala seduta a terra in manette e con un cerotto sulla bocca. È l'opera realizzata con l'intelligenza artificiale che lo street artist italiano Ozmo ha lasciato su un muro nel centro di Parigi la notte scorsa per richiamare l'attenzione sulla giornalista arrestata in Iran e detenuta nel carcere di Evin. - ilsole24ore.com

Cecilia Sala è stata arrestata in Iran con l’accusa generica di aver “violato le leggi islamiche”. Le informazioni precise sulle imputazioni sono scarse e la situazione appare offuscata. Parallelamente, in Italia, Mohammad Abedini è stato arrestato su richiesta degli Stati Uniti, che ne chiedono l’estradizione. Abedini, in Italia, non ha commesso alcun reato, e la sua detenzione è legata esclusivamente alla richiesta americana. Questo elemento è cruciale, poiché sembra aver innescato una reazione da parte dell’Iran, che chiede un trattamento di reciprocità tra i due detenuti.

 

L’analogia con Il processo di Kafka si manifesta nell’assenza di chiare motivazioni alla base degli arresti. Sia Sala che Abedini sembrano essere intrappolati in una spirale giudiziaria che sfugge alla logica e alla trasparenza. Questa sensazione di arbitrarietà richiama alla mente anche le riflessioni di Albert Camus ne Lo straniero, dove il protagonista Meursault vive una condizione di estraneità rispetto al mondo e alla giustizia, subendo passivamente eventi che non comprende appieno. Come Meursault, sia Sala che Abedini si trovano in una situazione di vulnerabilità e isolamento, privati della libertà e confrontati con un sistema che sembra agire secondo logiche imperscrutabili.

 

Le condizioni di reclusione di entrambi destano preoccupazione. La detenzione in carcere, di per sé, rappresenta una privazione della libertà personale che, come sottolineava Montesquieu, deve essere esercitata con estrema cautela per non degenerare in tirannia. Nel caso specifico, la mancanza di chiarezza sulle accuse e la possibile strumentalizzazione delle detenzioni per fini politici acuiscono l’angoscia e sollevano interrogativi sulla tutela dei diritti fondamentali.

 

L’influenza di potenze straniere nelle decisioni giudiziarie è un tema che Montesquieu affronta ne Lo spirito delle leggi. Il filosofo francese mette in guardia dai rischi di ingerenze esterne che possono compromettere l’indipendenza della magistratura e la sovranità di uno Stato. Nel caso di Abedini, la richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti e la conseguente reazione dell’Iran sembrano confermare questa preoccupazione, evidenziando come dinamiche geopolitiche possano influenzare le sorti di singoli individui.

Cecilia Sala, giornalista italiana arrestata in Iran, e di Mohammad Abedini-Najafabadi, cittadino iraniano detenuto in Italia
Cecilia Sala, giornalista italiana arrestata in Iran e Mohammad Abedini-Najafabadi, cittadino iraniano detenuto in Italia - dire.it -

Le vicende di Cecilia Sala e Mohammad Abedini sollevano interrogativi inquietanti sul funzionamento della giustizia e sull’influenza di fattori esterni. L’assenza di chiare imputazioni, la possibile strumentalizzazione politica e il richiamo a dinamiche internazionali complesse rendono queste storie emblematiche di un disagio profondo, che riecheggia le atmosfere kafkiane e le riflessioni di Camus e Montesquieu sulla condizione umana e sul potere. Queste vicende, inoltre, richiamano alla memoria un altro episodio oscuro che ha visto l’Italia protagonista: il rapimento di Abu Omar nel 2003. L’imam egiziano fu prelevato a Milano da agenti della CIA, con la complicità di membri dei servizi segreti italiani, e trasferito illegalmente in Egitto, dove subì torture. Anche in quel caso, l’azione di potenze straniere sul territorio italiano e la violazione dei diritti umani avevano sollevato un’ondata di indignazione e messo in luce le zone d’ombra di operazioni condotte al di fuori della legalità. Come nel caso di Abu Omar, le detenzioni di Sala e Abedini rischiano di diventare pedine in un gioco geopolitico più grande, dove la giustizia e i diritti individuali sembrano soccombere di fronte a logiche di potere. È fondamentale che la comunità internazionale e le istituzioni competenti si adoperino per garantire la trasparenza dei processi, il rispetto dei diritti umani e la ricerca di soluzioni diplomatiche che portino alla liberazione di entrambi, affinché non si ripeta un’altra pagina oscura come quella del rapimento di Abu Omar.

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