«Quando la nostra Costituzione parla di diritti, usa il verbo “riconoscere”. Significa che i diritti umani sono nati prima dello Stato. Ma, anche, che una democrazia si nutre, prima di tutto, della capacità di ascoltare.»
Dense e cariche di significato le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, pronunciate nel Messaggio di fine anno. Non ho potuto evitare di pensare a quanto lungimiranti siano stati i Padri costituenti nel dare all’Italia una figura istituzionale garante degli equilibri dei poteri politici. Allo stato attuale, l’unica figura da cui, in effetti, mi sento rappresentato.
A esaltare la qualità e lo spessore di queste parole basterebbe il semplice paragone con le puerili e patetiche battute da social rilasciate dall’altra figura istituzionale che pure dovrebbe garantire gli interessi e i diritti degli italiani. Ahinoi! Ma che invece, così mal ricoperta, da buona vittimista, non ha saputo, né voluto fare a meno di concludere le sue quattro stoltezze se non preoccupandosi di polemizzare contro “quei pochi” che avrebbero “polemizzato” sulla salute. Non è forse questa la «pessima tendenza – di cui ha parlato Mattarella – di identificare gli avversari o addirittura i nemici. Verso i quali praticare forme di aggressività»?
Quelle polemiche rozze e dozzinali ci hanno ricordato chi non vogliamo essere.
Ma anche i tempi bui e difficili in cui viviamo e quelli che ci aspettano. Che forze irrazionali, reazionarie e oscure, autoritarismi di nuovo conio, ci governano, con la pretesa di limitare le nostre libertà avallando, invece, quelle del loro ventre, di cui ne hanno fatto un dio. Tutto ciò per cui ci siamo battuti noi e coloro che ci hanno preceduti, le nostre autonomie, autodeterminazioni, democrazie, i nostri diritti, tutto ciò che ci sta a cuore, amori, affetti, famiglie, relazioni, tutto ciò che c’è di più caro, rischia di esserci estorto, in nome di uno sciovinistico e nostalgico ritorno al passato, in nome di una narrazione che distorce verità, realtà e valori piegandoli a uso e consumo. Facendo passare queste operazioni malevoli come servizio al trascendente, all’eterno, all’immutabile e all’inalienabile.
È necessario fare tesoro delle esortazioni del Presidente della Repubblica: pace, dialogo, solidarietà, rispetto, riconoscimento, amore, uguaglianza, giustizia. Un autentico manifesto. «Non dobbiamo farci vincere dalla rassegnazione. O dall’indifferenza. Non dobbiamo chiuderci in noi stessi.» Dobbiamo svegliarci dal sonno dogmatico, e praticare ogni sforzo della nostra ragion pratica per proteggere ciò che è giusto e autentico, ciò che è degno di essere vissuto, ciò che ci sta a cuore. Va protetta la nostra vita, la nostra pelle, conseguendo un’unità che non sia il «risultato di un potere che si impone».
È un atto morale non lasciare il nostro avvenire nelle mani di chi – scaltri come figli delle tenebre – vorrebbero sottrarcelo. L’avvenire bisogna reclamarlo per sé e, per dirla con Ignazio Silone: «Non bisogna implorare la propria libertà dagli altri. La libertà bisogna prendersela, ognuno la porzione che può.»
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