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Perché tutti parlano di "Saltburn"?

Dallo scorso novembre, l’ultimo film di Emerald Fennel è al centro di un acceso dibattito: Saltburn è davvero così sconvolgente come dicono?

 

Se infatti possiamo misurare in maniera più o meno oggettiva la qualità della fotografia o l’interpretazione magistrale degli attori, non si può dire lo stesso con il (dis)gusto del pubblico.

 

Alcuni lo considerano un capolavoro, altri una brutta copia a metà strada tra Parasite (2019) e Il Talento di Mr Ripley (1999).

 

Esattamente come le pellicole sopra citate, il protagonista ha accesso a una realtà elitaria ed esclusiva, che sarà teatro di momenti perversi e terrificanti.

 

E cosa c’è di più privilegiato della nobiltà inglese?

 

Ho apprezzato sinceramente l’analisi di Marta Suvi (aka BarbieXanax) su come la regista sviluppi una critica sul privilegio, partendo da alcuni capisaldi della cultura pop dei primi anni Duemila.

dai profili instagram: saltburnfilm e primevideo

Ma soprattutto trovo azzeccata l’interpretazione di Saltburn in un’ottica barocca.


E così, da una parte veniamo travolti dalla teatralità, dal virtuosismo tecnico, e dall’altra ci perdiamo nella spirale discendente della trama, attratti dalle scene più disturbanti.


Anche qui, gli spettatori rimarranno interdetti: si tratta davvero una tragica storia d’amore? Fino a che punto il sangue garantisce il privilegio? L’impegno, il duro lavoro, non contano niente?

 

La regista è dunque riuscita nel suo intento commerciale: destabilizzare lo spettatore medio, ma rimanendo fruibile a una piattaforma mainstream come Amazon Prime Video.

 

Per chi fosse ancora indeciso, per una volta potete cedere alla FOMO e ascoltare Murder on the Dancefloor di Sophie Ellis-Bextor con un nuovo spirito.

 

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