Viviamo in un'epoca in cui i social media giocano un ruolo cruciale nella formazione delle identità giovanili. Piattaforme come Instagram e TikTok modellano la percezione di sé, degli altri e della realtà. Tuttavia, dietro la promessa di connessione, si cela una questione centrale: l'alienazione digitale e la perdita del pensiero critico. Marx descriveva l'alienazione come l'estraneazione dell'individuo dal proprio lavoro e dalla vita. Oggi, questa alienazione si manifesta nella costruzione di un Sé virtuale, distaccato dall'identità reale, che genera ansia, depressione e senso di inadeguatezza.
Le identità digitali sono versioni idealizzate di sé, create per ottenere consenso. Questo porta a dissonanza cognitiva e problemi di salute mentale, poiché i giovani si sentono costretti a "performare" secondo standard irrealistici. Baudelaire, ne I fiori del male, descrive un’alienazione simile: il flâneur, un individuo che vaga per la città osservando senza partecipare, rappresenta il distacco e l'isolamento, analoghi alla vita sui social media, dove le interazioni mancano di autenticità e profondità. Gli scambi digitali, infatti, producono connessioni superficiali e generano alienazione sociale.
I social media, con il loro flusso continuo di contenuti, premiano la velocità e le risposte emotive rapide, scoraggiando la riflessione profonda. Il consumo passivo di informazioni sensazionalistiche riduce la capacità di analisi critica dei giovani, limitando la loro abilità di distinguere la verità dalla disinformazione. La capacità di pensare criticamente diventa fragile in un ambiente dominato da fake news e narrazioni semplificate. Per molti giovani, i social media sono la principale fonte di informazione, ma mancano della capacità di esplorare prospettive alternative, contribuendo all'isolamento dal mondo fisico e dalle relazioni autentiche.
L'educazione al pensiero critico è una delle sfide più urgenti del nostro tempo. È essenziale insegnare ai giovani come usare la tecnologia in modo consapevole e fornire loro gli strumenti per decodificare il mondo digitale e sviluppare un approccio critico. Un'educazione tecnologica efficace deve includere la riflessione sugli effetti della tecnologia sul modo di pensare e relazionarsi. Il pensiero critico non è solo un esercizio intellettuale, ma un mezzo per immaginare alternative e progettare mondi diversi.
Herbert Marcuse, ne L'uomo a una dimensione (1964), critica la società tecnologica avanzata per la sua capacità di neutralizzare il pensiero critico e creare un conformismo diffuso. Marcuse afferma che questa società sopprime la trasformazione radicale e costruisce una falsa coscienza che fa apparire desiderabili i suoi valori. La tecnologia, anziché emancipare, viene usata per mantenere il controllo sociale. Il pensiero critico viene ridotto al silenzio, rendendo difficile confrontarsi con la realtà e con l’altro. Tuttavia, la filosofia critica non solo smonta i meccanismi di oppressione, ma immagina alternative. Il pensiero critico deve essere radicale, e il cambiamento deve coinvolgere tanto la sfera emotiva quanto quella razionale. La tecnologia, se usata diversamente, potrebbe liberare l’uomo dal lavoro alienante e permettergli una vita più piena e creativa. Un esempio è il lavoro da remoto, che libera dallo stress dei viaggi e restituisce tempo per la vita personale.
Una critica intelligente della società contemporanea apre lo spazio per una nuova realtà, che non è un'utopia, ma un progetto concreto. Un presente in cui lo smartworking è valorizzato, il cellulare dato ai bambini non è trattato come un giocattolo e i social media sono usati per diffondere cultura e connessioni autentiche. La rivoluzione interiore diventa il motore del cambiamento esteriore. La liberazione avviene attraverso il recupero dell’autonomia di pensiero e d'azione, spezzando le catene invisibili di un sistema alienante. Il futuro dei giovani dipende dalla loro capacità di riconquistare uno spazio di riflessione, in cui l'identità non sia determinata dai like, ma dalla consapevolezza di sé e del mondo.