Cresce una coscienza collettiva dei modelli di sviluppo sostenibile: la volontà di mettere in pratica la filosofia della cura.
Il messaggio
L’ultimo libro di Rossano Ercolini, Noi siamo oceano: manifesto per un’ecologia del cambiamento, tocca tematiche apparentemente distanti tra loro, ma tutte collegate alla crisi climatica e alla crisi ambientale globale, indicando le strade per uscirne. L’autore toscano è l’ideatore del modello Zero Waste, Rifiuti Zero, per ridurre al minimo la nostra ‘impronta ecologica’. Apprezzato e premiato nel mondo, Ercolini scrive e parla instancabilmente per seminare il suo messaggio: siamo arrivati ad un bivio e non c’è tempo da perdere per cambiare direzione.
Il suo ‘manifesto’ inizia sottolineando la differenza delle due strade dal punto di vista della psicologia. L’atteggiamento fondante dell’attuale modello di società, l’ego, è centrato sull’individuo, gli interessi privati, il bisogno di predominare a ogni costo.
Ma l’uomo non è un essere solitario, riflette l’autore, ha bisogno di relazionarsi con gli altri e con l’ambiente, è profondamente un essere sociale, che vive meglio quando si nutre di condivisione, empatia, umanità. Dunque bisogna fare il passaggio: dalla ‘Egologia’ alla Ecologia: dalla società di individualisti, senza scrupoli, alla società partecipata e solidale.
Il modello lineare, verso l’inferno climatico
Entrando più nello specifico, il tema della prima parte del saggio, si sviluppa intorno ai due sistemi contrapposti, l’economia lineare e quella circolare. La prima ha dimostrato abbondantemente quanto è fallimentare, perché è basato sul presupposto che le risorse della Terra sono infinite, come anche la sua capacità di assorbire ogni tipo e quantità di scarto. Si dice ‘lineare’ perché dall’estrazione delle materie prime si passa alla lavorazione del prodotto finito, fino al consumo e poi all’abbandono.
Il modello lineare, a volte impropriamente qualificato come ‘progresso’, contribuisce a intensificare gli squilibri sociali, cioè tra pochi individui che vivono in enorme ricchezza e la stragrande maggioranza della popolazione mondiale che vive in semi povertà o in povertà assoluta.
Ma non si tratta soltanto di una grottesca ingiustizia, quel sistema è soprattutto insostenibile, da ogni punto di vista: le risorse naturali (raw materials) infatti, si stanno esaurendo, l’economia non regge lo stress, intere popolazioni stremate dalla crisi climatica, risultante da questo sistema di produzione, distribuzione e smaltimento, stanno cercando disperatamente di trovare un posto dove vivere in pace.
Inquietante è il nostro “debito ambientale” e cioè l’eccessivo spreco di risorse reso esplicito dalla descrizione numerica: che tutti i paesi del mondo insieme prelevano in soli sette mesi, di risorse naturali della Terra, quanto la natura mette un anno a produrre. Ma abbiamo anche la questione della plastica nei mari, per cui, se continua così, nel 2050 ci saranno nei mari più plastiche che pesci.
Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU, al COP27 in Egitto, fece un appello ad agire in fretta, con un monito impressionante. Paragonò la situazione del mondo attuale ad un’auto lanciata a tutta velocità sull’autostrada per l’inferno, con l’autista che tiene il piede schiacciato sull’acceleratore.
Anche se i risultati di quel summit furono miseri, gli avvenimenti mondiali del genere aumentano e richiamano comunque l’attenzione e la sensibilità dei Paesi ricchi e poveri ovunque. Ormai abbiamo la Giornata della Terra, dell’Acqua, del Riciclo e, dal 2023, la Giornata Internazionale Zero Waste (Rifiuti Zero-Spreco Zero).
Il modello sostenibile: circolare
Il modello di produzione circolare rigenerativo, proposto dall’autore, segue il sano esempio di madre Natura, dove niente è scartato come rifiuto, ma tutto serve a rigenerare nuova vita.
Se basta dividere adeguatamente gli scarti, nella raccolta differenziata: organici, metallici, vetro, plastici, tessili, questi materiali, una volta separati, diventano, in questa era di penuria di materie prime, una vera benedizione per l’Italia, la seconda economia manifatturiera d’Europa, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista ecologico.
Per di più, prima ancora di entrare nella filiera di recupero delle materie prime, al logoramento dell’oggetto, ovviamente secondo la tipologia, si dovrebbe prevedere, al momento della produzione, la possibilità di riparazione. L’autore fa notare che una norma per disciplinare la riparabilità degli oggetti è già in progettazione a livello di UE.
Già nel 2011 la l’UE cominciò a prestare attenzione alla necessità della conversione ad un’economia circolare, per ridurre gli sprechi e sfruttare le ‘miniere urbane’.
La comunicazione come strumento
Ercolini dedica spazio anche all’importanza della comunicazione: con poche eccezioni, i pubblici poteri tendono a minimizzare; con astuzia molti politici fanno credere che si può risolvere tutto con qualche aggiustamento, ma senza necessità di intervenire sul sistema.
Cita l’esempio di Gualtieri, sindaco di Roma, che, per convincere i residenti del valore dell’inceneritore, formulò la sua domanda, in essenza: “Volete voi una città capitale invasa da rifiuti e cinghiali?” Alla domanda viene affibbiata un video di cinghiali intorno ai cassonetti.
Puntando sull’esasperazione, l’impazienza, “per accecare il lume della ragione”, alla fine ottenne la sua risposta dal popolo: “Ci vuole l’inceneritore!” Anzi, la parola inceneritore era stata sostituita da ‘termovalorizzatore’, per rendere il concetto più attraente.
Intanto, aggiunge Ercolini, i fenomeni eccezionali (sempre più frequenti e più gravi) vengono definiti casi eccezionali, come una catastrofe naturale; dalle inondazioni, alle siccità devastante, alle bombe d’acqua, ecc.
Ma nonostante la maggior parte della grande industria, la pubblicità e i politici cercano di minimizzare, si sta verificando una presa di coscienza collettiva di fronte all’aumento dei fenomeni estremi che difficilmente possono essere considerati sempre come eccezionali.
Una coscienza collettiva
Cresce la consapevolezza anche perché gli investimenti in prevenzione a favore del territorio sono sempre scarsi, anche se non sarebbe difficile l’individuazione di interventi necessari e rilevanti.
Un esempio dato di investimento utile è la costruzione di una tubazione di scarico diversa, per separare le acque nere dalle acque piovane, per recuperare riserve di acqua buona nelle zone dove manca.
Ma questa coscienza ecologica in espansione dovrebbe essere in grado di riorganizzare i modelli sociali ed economici attuali, basati sul sistema ‘usa e getta’, e l’attitudine appropriata, come motore di questo cambiamento epocale, è la filosofia della cura.
Fondamentale è l’acquisizione dell’abitudine alla cura della nostra unica casa e degli altri abitanti, milioni di altre specie, animali e vegetali. Quindi l’empatia, la partecipazione, l’aiuto reciproco, dovrebbero sostituire l’incultura del possesso, della competizione, dello sfruttamento e della manipolazione della natura: atteggiamento oggi dominante.
Gradualmente anche alcuni industriali stanno assumendo la responsabilità sociale riguardo gli imballaggi, e i consumatori, cittadini attivi, possono essere dei facilitatori del processo di trasformazione.
Cittadini e comunità attivi
Trovando prodotti impacchettati in polimateriali o plastiche non degradabili o materiali in eccesso, si può far notare il problema con una mail alla Direzione. Si può far conoscere il Centro di Ricerca Rifiuti Zero a Capannori, dove progettano, gratuitamente, specifici imballaggi su misura per i prodotti più svariati. I produttori spesso approfittano volentieri dell’innovamento, anche per farsi buona pubblicità.
Ormai molti comuni piccoli e grandi si stanno impegnando a migliorare la gestione del territorio, implementando sistemi di raccolta del materiale di scarto per ridurre lo spreco e incrementare il recupero e riciclaggio. Più di 100 comuni raggiungono oltre il 90% di riduzione dei rifiuti da smaltire e migliaia di comuni superano l’80% (dati del 2023).
Esemplare è la storia del comune di Capannori, di 46.000 abitanti, il terzo centro nella provincia di Lucca e primo comune in Italia ad aderire a questo progetto, nel 2007. Per contrastare il piano di realizzare un inceneritore nella pianura del comune, il sindaco di allora accettò la sfida lanciata da Rifiuti Zero.
Nacquero comitati di base, associazioni e movimenti di cittadini attivi, la comunità intera alleata con il comune, con un unico obiettivo: di difendere e prendersi cura del loro territorio.
Questo tipo di movimento, a partire dallo stesso stile di vita sostenibile, sta diffondendo a macchia d’olio, e l’autore insiste sull’importanza di muoversi a livello locale; fare pressione sulle istituzioni affinché adottino misure per l’adattamento, la prevenzione e la riduzione dei danni della crisi climatica.
Ercolini ci dà molti esempi di buone pratiche che danno risultati positivi da replicare: uno dei quali riguarda i nostri indispensabili telefonini. Il litio e il cobalto, usati nel cellulare, vengono estratti nel Congo, uno dei pochi Paesi nel mondo ad avere giacimenti di questi minerali e l’estrazione avviene al costo dello sfruttamento vergognoso dei bambini.
Recuperando questi metalli, dopo la separazione dagli altri materiali, si possono riutilizzare per la produzione di nuovi cellulari, senza la dipendenza dall’estero.
Inoltre, altri metalli preziosi come l’alluminio, il rame, ecc., possono essere recuperati e avviati al riutilizzo nella produzione di altri beni, elettrodomestici, lavatrici, ecc., rendendo il rifiuto una risorsa davvero preziosa.
Pertanto ogni attivista, ogni singola voce di protesta e di proposta, è solo una goccia che sembra insignificante, ma prese tutte insieme, si forma un oceano. Questo è il movimento Rifiuti Zero, una rivoluzione culturale, sociale ed economica che non si ferma ai confini, una rivoluzione circolare, rigenerativa, per fare pace con la natura e fra gli uomini.
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