Negli ultimi anni un'ondata di nazionalismo di estrema destra ha investito molti paesi in tutto il mondo, dalla Russia all'Ungheria, dalla Polonia all'India, dalla Turchia agli Stati Uniti. Proporre delle generalizzazioni per questi fenomeni è insidioso, poiché il contesto di ogni paese è sempre unico. Ma, ora come ora, queste generalizzazioni sono necessarie. Ho scelto l'etichetta «fascismo» per identificare diverse forme di ultranazionalismo (etnico, religioso, culturale), in cui la nazione è rappresentata da un leader autoritario che pretende di parlare a nome di tutti, proprio come dichiarato da Trump nel suo discorso di accettazione della convention repubblicana del luglio 2016: «Io sono la vostra voce».
Tali politiche includono molte strategie diverse: la mitizzazione del passato, la propaganda, l'anti-intellettualismo, l'irrealtà, la gerarchia, il vittimismo, la legge e l'ordine, l'ansia sessuale, il patriottismo, nonché lo smantellamento del welfare e dell'unità nazionale. Nonostante la difesa di alcune di queste istanze sia legittima e a volte giustificata, in determinate fasi storiche può accadere che esse vengano raggruppate tutte insieme sotto il vessillo di un unico partito o di un unico movimento politico. E si tratta di fasi storiche rischiose.
Il sintomo più palese delle politiche fasciste è la divisione, il cui scopo è separare la popolazione tra «noi» e «loro». Molti movimenti politici si basano su una simile contrapposizione: il comunismo, per esempio, fa leva sulle differenze di classe. Per riconoscere le politiche fasciste, invece, bisogna individuare il modo specifico in cui distinguono tra «noi» e «loro» facendo appello all’etnia, alla razza, alla religione, e usando questa contrapposizione per plasmare un’ideologia e una strategia politica. Ogni ingranaggio della politica attuata dai fascisti mira a creare o cementare questa contrapposizione.
I sostenitori delle tattiche e delle metodologie fasciste giustificano le proprie idee creando un passato mitico a sostegno di una specifica visione del presente. Modificano la realtà condivisa dalla popolazione distorcendo il linguaggio degli ideali liberali attraverso la propaganda e promuovendo l’anti-intellettualismo attraverso attacchi all’università e ai sistemi educativi, che potrebbero mettere in discussione le loro idee. Alla fine, grazie a queste tecniche, creano uno stato di irrealtà in cui le teorie cospiratorie e le notizie false sostituiscono i dibattiti ragionati.
Mentre la visione comune si sgretola, le politiche fasciste promuovono il radicamento di credenze false e pericolose. In primo luogo, cercano di naturalizzare le differenze tra gruppi, offrendo un apparente supporto scientifico alla gerarchizzazione del valore umano. Quando i ranghi sociali e le divisioni sono consolidati, nelle dinamiche tra i vari gruppi la paura prende il posto della comprensione. Ogni progresso compiuto da un gruppo minoritario alimenta un senso di vittimismo tra coloro che appartengono al gruppo dominante. La politica della legge e dell’ordine fa presa sulle masse, assegnando a «noi» la parte dei cittadini rispettosi della legge e a «loro», per contrasto, quella dei criminali fuorilegge il cui comportamento costituisce una grave minaccia per la virilità nazionale. L’ansia sessuale è anch’essa tipica delle politiche fasciste, poiché la gerarchia patriarcale è minacciata dalla crescente parità dei sessi.
A mano a mano che la paura di «loro» cresce, quanti fanno parte del «noi» finiscono per incarnare tutto ciò che è virtuoso. «Noi» viviamo nel cuore rurale della nazione, dove i valori e le tradizioni sono miracolosamente sopravvissuti alla minaccia del cosmopolitismo delle città invase da orde di minoranze imbastardite dalla tolleranza della democrazia liberale; «noi» siamo lavoratori onesti e abbiamo guadagnato un posto nella società con la fatica e grazie ai nostri meriti. Al contrario, «loro» sono pigri, vivono sulle spalle di «noi» virtuosi sfruttando la generosità del welfare o l’aiuto di istituzioni corrotte, come i sindacati, che attingono alle paghe dei lavoratori onesti. «Noi» facciamo, «loro» prendono.
Oggi il fascismo potrebbe non assumere più le sembianze di quello degli anni Trenta, ma milioni di rifugiati sono di nuovo costretti a cercare asilo. E in molti paesi il loro arrivo rafforza la propaganda delle politiche fasciste, secondo la quale la nazione è sotto assedio e gli elementi «stranieri» rappresentano una minaccia sia all’interno sia all’esterno dei suoi confini. L’odissea dei migranti può rafforzare la struttura del fascismo. Ma può anche generare empatia quando le menzogne della propaganda vengono smascherate.
Jason Stanley, How Fascism Works. The Politics of Us and Them, Introduzione.
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