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Miagola e ti sarà dato. Come gli animali domestici hanno influenzato i grandi artisti

Per il mio migliore amico


Ho sempre pensato che la gente che si fa tatuare il suo cane sul braccio fosse pazza. Finché non mi sono fatta tatuare il mio cane sul braccio.


I nostri animali domestici ci rendono più felici. A dirlo, non sono solo tutte le persone innamorate del proprio cane o del proprio gatto, ma anche la scienza. Infatti, guardare negli occhi e accarezzare il proprio amico a quattro zampe produce dopamina. Non è meraviglioso? Probabilmente, se tutti i "grandi" della terra avessero un pet, il mondo sarebbe un posto migliore.


Credo fermamente che gli animaletti ci permettano di diventare persone più belle: con loro siamo più divertenti, ridiamo, giochiamo e ci rotoliamo nell'erba. A volte parliamo ad alta voce per raccontare loro la nostra giornata anche quando non ci sono altri umani in casa (o sono l'unica?!) Inoltre, avere un cucciolo responsabilizza, spinge a interagire. Durante il periodo del Covid erano la nostra salvezza e anche ora, spesso, rappresentano la nostra unica uscita giornaliera quando lavoriamo da casa o anche solo quando piove e altrimenti staremmo sul divano a poltrire. È ormai comprovato che gli animali hanno un'influenza positiva sulla salute mentale degli umani.


In After Life (Netflix, 2019), il protagonista (interpretato da Ricky Gervais, grande amante degli animali) fatica a riprendere la sua vita dopo la malattia e la morte della sua compagna ma si alza dal letto per dare da mangiare al cane e lo accompagna al parco tutti i giorni, mosso dal senso di responsabilità e affetto per questo membro della famiglia.


Ricordo di aver guardato il film Marley and Me (2008) con amici che ridevano e rifiutavano l'idea di poter stare così male dopo la morte di un animale da compagnia. Non ricordo le parole che usarono ma ricordo come mi sono sentita. E chi sta leggendo e ha/ha avuto un amico a quattro zampe sa benissimo di cosa parlo.


In realtà sminuire gli animali è una scelta abbastanza ignorante, oltre che insensibile. Ci sono grandi artisti che hanno avuto animali e sono anche stati, in qualche modo, ispirati da compagni pelosi nella loro arte.


Sto leggendo un libro di Virginia Woolf intitolato Flush: flush in inglese significa "tirare l'acqua", ed è anche il nome del cane di cui la Woolf, pensa un po', decide di scrivere la biografia nel 1933.

Flush è il cane di Elizabeth Barrett Browning, una poetessa inglese in età vittoriana. È un libro divertente ma anche molto profondo, che vede la vita dal punto di vista del subordinato: dopotutto è il cane di una donna scrittice...una posizione piuttosto debole da avere nel 1800. È una visione, letteralmente, dal basso guardando in su. Ed è un'ode, non solo ad un'autrice che è stata sottovalutata mentre era in vita, ma anche alle categorie di persone che non rientrano negli schemi convenzionali. Quelli che, se esistesse un pedigree per gli esseri umani, avrebbero il naso troppo chiaro o le orecchie troppo a sventola per ottenerlo. Quentin Bell ci dice che Flush non è tanto un libro scritto da un’amante dei cani, quanto da una persona che amerebbe essere un cane. […]  I cagnolini non corrono, dopotutto, nudi e liberi di fare cose che, se le facessero gli umani, sarebbero socialmente inaccettabili? Alzi la mano chi ha pensato almeno una volta quanto soddisfacente sarebbe grattarsi in pubblico come fanno loro.


Ad ogni modo, non sto facendo una recensione del libro questa volta, quindi smetto di menare il can per l'aia e mi fermo qui, menzionando giusto che la mia parte preferita è quella in cui Flush, verso la fine della sua vita, si reca in Italia e scorrazza per Firenze, conoscendo la città in un modo in cui nessun umano l’ha mai conosciuta... un cane inglese che va in pensione in Toscana: non si puoʻ non apprezzarne l'ironia.


Tornando a Virginia Woolf, lei (nata Adeline Virginia Stephen) e i suoi fratelli si chiamavano a vicenda con nomignoli di origine animale e lei spesso trovava associazioni tra il mondo animale e le caratteristiche delle persone che conosceva (per esempio, aveva descritto Freud come un uomo molto vecchio e accartocciato con gli occhi chiari da scimmia). Il suo primo saggio ad essere pubblicato è stato proprio il necrologio di Shag, il cane di famiglia. E il suo stesso cane, Pinker, è stato il modello da cui ha tratto ispirazione per Flush.


Ma Woolf non è l'unica ad essere stata così connessa al mondo animale.


Mark Twain aveva preso un gatto per sua figlia Clara, malata, di nome Bambino ed era diventato matto per ritrovarlo quando si era perso. Twain amava i gatti, anche dimostrato dalla sua famosa frase: Se un uomo potesse essere trasformato in un gatto, questo migliorerebbe l’uomo, ma peggiorerebbe il gatto. Charles Dickens aveva un corvo di cui spesso parlava nelle sue storie. Dopo la sua morte, Dickens lo aveva fatto imbalsamare e si dice che sia stato proprio questo a ispirare Edgar Allan Poe a scrivere il famoso Il corvo.


Pablo Picasso aveva un cane di nome Lump, che ha disegnato in molte occasioni, incluso in 15 delle sue 55 reinterpretazioni de "Las Meninas" di Velasquez. Andy Warhol aveva un bassotto di nome Archie al quale era affezionatissimo (si vocifera che non fosse andato ad un' importantissima mostra a Londra perchè non voleva lasciarlo solo) e Frida Khalo aveva una varietà immensa di animali, spesso raffigurati nei suoi dipinti.


Nel mondo della musica, Neil Young ha dedicato una canzone al suo cane Elvis (Old King, 1992) al quale raccontava tutto e, non per fare le pulci, ma nel 1971 i Pink Floyd hanno costruito una canzone attorno agli ululati di Seamus, un Border Collie che apparteneva a Steve Marriot, frontman degli Humble Pie.


Per questi e moltissimi altri umani, artisti e non, i loro animali domestici completano il quadro della loro vita, artistica e non.


Insomma, dare agli animali della nostra vita l'importanza che si meritano è il minimo che possiamo fare, considerando quanto danno a noi. Lo possiamo fare in modi diversi, nella maniera che più ci aggrada: sia essa con un tatuaggio, un ritratto o una canzone. O forse possiamo dar loro dignità già con la scelta del loro nome. Come in questa poesia di T S Eliot, che è il miglior modo per concludere un articolo sull'importanza degli amici a quattro zampe. Il pezzo si chiama The Naming of Cats (1939) e descrive la complessità della scelta di un nome per i felini di compagnia. Buona lettura:


The Naming of Cats is a difficult matter,

It isn’t just one of your holiday games;

You may think at first I’m as mad as a hatter

When I tell you, a cat must have THREE DIFFERENT NAMES.

First of all, there’s the name that the family use daily,

Such as Peter, Augustus, Alonzo, or James,

Such as Victor or Jonathan, George or Bill Bailey—

All of them sensible everyday names.

There are fancier names if you think they sound sweeter,

Some for the gentlemen, some for the dames:

Such as Plato, Admetus, Electra, Demeter—

But all of them sensible everyday names,

But I tell you, a cat needs a name that’s particular,

A name that’s peculiar, and more dignified,

Else how can he keep up his tail perpendicular,

Or spread out his whiskers, or cherish his pride?

Of names of this kind, I can give you a quorum,

Such as Munkustrap, Quaxo, or Coricopat,

Such as Bombalurina, or else Jellylorum—

Names that never belong to more than one cat.

But above and beyond there’s still one name left over,

And that is the name that you never will guess;

The name that no human research can discover—

But THE CAT HIMSELF KNOWS, and will never confess.

When you notice a cat in profound meditation,

The reason, I tell you, is always the same:

His mind is engaged in a rapt contemplation

Of the thought, of the thought, of the thought of his name:

His ineffable effable

Effanineffable

Deep and inscrutable singular name.

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