«Le parole sono importanti» diceva Nanni Moretti in Palombella Rossa, nel 1989. Più di trent’anni dopo questo film viviamo in un mondo completamente nuovo: in mezzo si è vissuto il processo di Mani Pulite, il berlusconismo, l’inizio dei reality show e le relative connessioni con George Orwell e il Grande Fratello, le rivoluzioni culturali dei social network, i nuovi bar del Duemila o il luogo in cui gli imbecilli hanno diritto di parola, come affermava Umberto Eco. Insomma, da Nanni Moretti a Pomeriggio Cinque, da Ludwig Wittgenstein a Facebook, il passo è stato breve e le parole sembrano aver preso la via della svalutazione.
I dibattiti politici sono ormai solo risse da saloon, difetti fisici pronunciati e velati, insulti alla persona e non alla sua idea, che è quello che anche noi facciamo ormai nel nostro piccolo: la società è il riflesso di chi la organizza, che è la politica, che è la rappresentanza del popolo che la elegge. Allora, che valore diamo alle parole? Cosa sono per noi le parole? E perché dovremmo tornare a Palombella Rossa?
«Le parole sono azioni» è una celebre frase di Ludwig Wittgenstein, filosofo del linguaggio del XX secolo. Le parole sono empiriche, sono azioni perché si può parlare di ciò che costituisce un fatto. Le parole sono lo strumento principale che permettono una relazione, uno scambio di informazioni con connotati emotivi: per quanto parlare possa sembrarci banale, in realtà , è un’attività molto più complessa. Perché le circostanze presenti, il tono in cui si esprimono e le parole stesse scelte per descrivere qualcosa, hanno delle conseguenze nelle relazioni che si intrattengono. Essere consapevoli di ciò che si dice e si intende e, dunque, avere a mente la possibilità di causare conseguenze anche irreparabili, è ciò che abbiamo dimenticato nella società vuota di oggi. Dove ci crediamo legittimati a dire la nostra su qualsiasi argomento, dovremmo ricordarci l’onere e l’onore di pensare le parole che usiamo per le conseguenze che causiamo.
Bisognerebbe guardare meno trash, usare meno social per tornare al genuino, per tornare a Ludwig Wittgenstein. E a Nanni Moretti, perché le parole sono davvero importanti!
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