Signore e signorine portate i bimbi a scuola, finite le faccende di casa, rammendate colletti e bottoni e poi recatevi in gelateria che il Comune di Genova ci offre un bel gelatino 3 gusti.
Solo per oggi un cono Gender Pay gap, con una spruzzata di stereotipo di genere e una palpata di culo omaggio.
Auguri alle Donne che sono riuscite a ottenere l’inserimento del diritto all’aborto in Costituzione. Noi siamo ancora lontani dalla più misera conquista, però oh… almeno c’abbiamo il gelato.
Per l'8 Marzo un buon omaggio alle donne e alle compagnie della vostra vita potrebbe essere un viaggio in solitudine tra le foto e i ricordi del tempo trascorso insieme. Misurerete così la qualità dei gesti e conterete un fiore per ogni sguardo che non avete saputo cogliere e un altro per ogni richiesta mancata, uno per ogni parola di biasimo, un altro di scherno. Perché chiedere scusa a volte veramente non basta, a volte invece bisogna proprio cambiare atteggiamento e dimostrare di saper far crescere un prato.
Stringete le schede come fossero biglietti d’amore.
C’è ancora domani
L’8 marzo nasce come celebrazione delle donne che hanno lottato per i loro diritti (politici, lavorativi, umani).
Il fatto che il film campione d’incassi in Italia sia quello di Paola Cortellesi, nei panni di protagonista e regista, ci dice molto della percezione della donna oggi nel nostro Paese. C’è Ancora Domani è passato quasi in sordina nei media tradizionali, ma ha spopolato grazie al passaparola, battendo ogni record:
È il film più visto del 2023, superando Barbie e Oppenheimer.
Ha incassato oltre 36 milioni di euro, superando la Vita è Bella di Benigni, e il più alto dall’inizio della pandemia.
È nella top 10 dei film più visti in Italia, l’unico con una regista donna.
Se da una parte la società ci indirizza a fare della maternità la nostra (unica?) priorità e missione di vita (cit.), oggi più che mai far sentire la propria voce è un atto d’amore verso noi stesse.
Non lasciamoci intimidire da chi ci vuole sole, divise e contrapposte.
Riscoprire l'Essenza Femminile
Immagina un mondo in cui le donne avessero sempre avuto pari opportunità di istruzione e accesso alle risorse, e dove le loro voci fossero ascoltate e rispettate in modo equo in tutti i settori sociali. In questo mondo utopico, ancora ben lontano dal presente, avremmo certamente potuto beneficiare di una maggiore diversità e flessibilità di pensiero, di una maggiore sensibilità verso le esigenze e i desideri di tutti, e di un maggior equilibrio nei rapporti decisionali.
Il fatto che per lungo tempo il contributo femminile sia stato ignorato, svalutato e sottostimato rappresenta effettivamente una perdita per l’intera umanità. Le donne portano con sé un insieme unico di prospettive, esperienze e intuizioni che arricchiscono la comprensione del reale. In altre parole, viviamo immersi nella storia di un’umanità mozzata da una perdita cospicua di talento, creatività, intuitività e intelligenza.
Soffocate dalla mancanza di equilibrio, emerge oggi per noi donne la necessità di far riconciliare la forza e la sensibilità, la razionalità e l’intuizione, l’azione e la contemplazione. È un invito ad abbracciare la complessità dell’essere umano, un invito alla cooperazione.
Come afferma Bell Hooks, “Femminismo non è solo una lotta per le donne, ma una lotta per porre fine alla dominazione e alla violenza di genere in tutte le sue forme”. Tuttavia, questa lotta va oltre la ricerca di uguaglianza. Essa rivela, infatti, il costo sociale e culturale dell’assenza dell’ingegno femminile nella costruzione e idealizzazione del mondo.
Ahinoi! La società valuta ancora le donne più per l’aspetto e la superficialità che per l’intelligenza e il pensiero. Un esempio è la copertina di British Vogue (luglio 2019), che ha presentato come “forze del cambiamento” principalmente attrici, modelle e influencer. Questo tipo di femminismo spesso enfatizza solo l’integrazione nel modello maschile dominante anziché proporre alternative basate sulle specificità femminili. Le vere forze del cambiamento si distinguono per il loro lavoro, la passione e la profondità dell’intelletto, piuttosto che per l’aspetto esteriore o la fama [1].
Concludo questa riflessione in occasione dell’8 marzo, ricordando la storia di Ipazia d’Alessandria, una delle prime donne documentate in Occidente ad aver compiuto importanti contributi nei campi dell’astronomia, della matematica e della filosofia. Ci troviamo di fronte al simbolo di un ingegno femminile troncato con violenza al culmine del suo potenziale.
Ipazia, filosofa del IV secolo, fu una delle figure più rispettate e stimate del suo tempo nell’antica Alessandria d’Egitto. Nonostante fosse vissuta in un’epoca in cui le donne avevano limitate opportunità, Ipazia riuscì a emergere come figura di grande autorità intellettuale. Il suo lavoro e il suo impegno hanno aperto la strada per generazioni successive di donne desiderose di seguire una carriera nell’ambito della scienza e della filosofia.
La maggior parte delle fonti storiche racconta che fu assassinata da una folla di cristiani nel 415 d.C., fanatici convinti che le sue opinioni pagane rappresentassero una minaccia per l’ortodossia religiosa. Il suo assassinio rappresenta un tragico esempio della persecuzione subita dalle donne che osavano sfidare le convenzioni sociali e religiose del loro tempo.
[1] Cfr., P. Odifreddi, Il genio delle donne. Breve storia della scienza al femminile, Rizzoli, 2019, pp. 14-15.
Oggi è un giorno speciale o forse no. È un giorno come tutti, in cui dobbiamo ancora ricordare che le donne sono indispensabili per un mondo migliore. Ho sentito parlare di donne lavorare sodo nonostante avessero difficoltà fisiche, nonostante avessero figli piccoli da crescere e mariti severi che pretendevano la cena pronta dopo una giornata di lavoro. Ho sentito di donne sole che, oltre a pensare a lavorare, dovevano badare alla casa, ai figli da crescere. Ho sentito di donne che lottano per i propri sogni contro tutto e tutti, e ce la fanno. Ho sentito ancora di molte donne svolgere lavori sottopagati e pesanti, donne maltrattate, arrivando a casa stanche e con la paura di non riuscire a sfamare la propria prole. Ma non si arrendono. Poi ci sono state quelle donne che hanno fatto la storia: donne che si sono dedicate alla scienza, donne filosofe, ecc.
Cosa hanno in comune queste donne? Hanno in comune la voglia di cambiare il mondo, di farsi sentire, di affermare il loro valore, di insistere sul fatto che essere donna non significa non poter indossare una gonna perché un uomo se ne approfitti, non significa chiudersi in casa dopo le sette di sera. Una donna è un fiore colorato e profumato che va solo ammirato e rispettato. Una donna, solo perché è donna, non vuol dire che sia debole. Noi donne siamo forti, proprio perché sopportiamo a volte molto di più di quanto la società pensi, facciamo molto di più di quanto la società crede e riconosce. Noi mascheriamo il dolore per poter donare un sorriso. Il mondo ha bisogno dei nostri sorrisi, non delle nostre lacrime.
Buona festa della Donna.
CHI DICE DONNA DICE DONA
Parte dell'intelligenza,
una dose di pazienza,
tanta resistenza,
amore in abbondanza.
Ore di tolleranza,
sempre un po’ di speranza,
previsioni e lungimiranza,
assidua costanza.
Un’unica alleanza,
accorciando ogni distanza,
a riempir ogni mancanza,
proteggendo ogni minoranza.
Magistrale eleganza,
costante perseveranza...
Che con la sua presenza
non si potrebbe starne senza.
Non dobbiamo cambiare la grammatica del linguaggio, ma dobbiamo costruire quella “grammatica sociale e culturale” che permetta il riconoscimento della persona in quanto tale, e in quanto tale con tutti i diritti che le sono propri. Solo in una società che investe nell’istruzione e nella cultura, uomo o donna non farà alcuna differenza, perché saremo solo “persone”.
«La mancanza di complessi, una notevole tenacia nel perseguire la strada che ritenevo giusta e la noncuranza per le difficoltà che avrei incontrato nella realizzazione dei miei progetti, lati del carattere che ritengo di aver ereditato da mio padre, mi hanno enormemente aiutato a far fronte agli anni difficili della vita.
La mia intelligenza? Più che mediocre. I miei unici meriti sono stati impegno e ottimismo. [...] L’assenza di complessi psicologici, la tenacia nel seguire la strada che ritenevo giusta, l’abitudine a sottovalutare gli ostacoli – un tratto che ho ereditato da mio padre – mi hanno aiutato enormemente ad affrontare le difficoltà della vita. Ai miei genitori devo anche la tendenza a guardare gli altri con simpatia e senza diffidenza.
Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente.
Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella “zona grigia” in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, [...] bisogna coltivare [...] il coraggio di ribellarsi.»
Rita Levi Montalcini
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