La parola "rispetto", scelta dalla Treccani come parola dell’anno 2024, affonda le sue radici nell’etimologia latina: deriva da respectus, participio passato di respìcere, che significa “guardare indietro” o “considerare con attenzione”. Questa origine ci invita a riflettere su un significato profondo: avere cura, prestare attenzione, riconoscere il valore altrui.
Eppure, nel linguaggio quotidiano, “rispetto” viene spesso banalizzato, usato come escamotage per giustificare affermazioni altrimenti discutibili. Espressioni come “con tutto il rispetto” o “con rispetto parlando” sono diventate formule magiche, capaci di introdurre – senza scrupoli – giudizi, critiche o addirittura insulti. Sui social, in particolare, questa premessa suona quasi ironica: “Con tutto il rispetto” precede sentenze taglienti, come se bastasse quella frase per neutralizzare ogni mancanza di sensibilità o empatia.
Questo uso contraddice il significato originario di rispetto, riducendolo a un artificio retorico. Non si tratta più di riconoscere l’altro nella sua dignità, ma di aggirare il senso stesso della parola per legittimare discorsi che, in realtà, la negano.
La scelta di Treccani evidenzia proprio questo, l’urgenza di riscoprirne il valore autentico: rispetto per l’altro, per l’ambiente, per le differenze culturali e per le generazioni future. Una sfida tanto linguistica quanto etica, per non cadere nella retorica e dare concretezza a una parola che, se praticata, potrebbe davvero trasformare le relazioni umane e sociali.