Immergendosi nell'affascinante universo della fisica quantistica, dove le leggi che governano il macrocosmo s'intrecciano con il misterioso mondo delle particelle, ci si trova dinnanzi a concetti che sfidano la nostra comprensione del reale. Nel percorrere la rotta che intercorre tra la mente e la materia, sorgono anzitutto evidenti questioni legate alla figura dell'osservatore, al suo ruolo e alla sua influenza. In questo articolo, viaggeremo tra le sfumature di questo dibattito, affrontando anche visioni più audaci che, a tratti, sembrano volersi confonde tra scienza e filosofia, in un costante tentativo di interpretare il legame intrinseco tra il pensiero umano e la natura essenziale della realtà.
Iniziamo l’esplorazione di questo complesso panorama con una famosa citazione di Joe Dispenza, scienziato, autore e docente nel campo delle neuroscienze e della fisica quantistica: “come l'argilla, l'energia delle infinite possibilità è plasmata dalla consapevolezza”. Questo concetto di rivalutazione ed esaltazione della Consapevolezza, considerata come il nucleo essenziale delle nostre potenzialità in gran parte inespresse, aggiunge un elemento di profondità a una prospettiva psico-quantistica pioniera di nuovi orizzonti critici e speculativi per le nostre capacità, normalmente percepite come limitanti.
Il fenomeno dell’osservazione in fisica quantistica non stabilisce solo un legame spirituale tra osservatore e oggetto osservato, ma rivela anche la sua essenza metrologica, ovvero, rivela che l'atto di misurare un sistema quantistico influisce direttamente sulla natura di ciò che viene osservato. In altre parole, l'interazione tra l'osservatore e il sistema quantistico diventa un elemento essenziale del processo, e la presenza dell'osservatore influenza in modo intrinseco l'esito della misura.
Il celebre principio di indeterminazione di Heisenberg sottolinea come la misura stessa sia influenzata dall'esperienza, una mera valutazione quantitativa. Tale principio infatti evidenzia come alcune caratteristiche fondamentali di una particella (la sua posizione e la sua quantità di moto) non possono essere misurate simultaneamente con precisione. Quando si effettua una misurazione su una di queste grandezze, l'atto stesso introduce un cambiamento imprevedibile nell'altra grandezza. Ciò implica che, nel mondo quantistico, è infattibile separare l'osservatore dall'oggetto osservato.
Il pensiero, riverbero del cogitare, emerge, in questo contesto, come riflesso di un processo cerebrale superiore. Tuttavia, l'idea che il pensiero possa dar vita alla materia si scontra immediatamente con la realtà fisica, poiché richiede un'energia impensabile e oltre ogni metro razionale. Il principio di indeterminazione di Heisenberg introduce dunque il dilemma tra un universo deterministico e uno indeterministico. Tale questione radica profondamente nella filosofia, richiamando dibattiti senza tempo sulla libertà, sul destino e sulla capacità dell'essere umano di agire in modo consapevole e autonomo, prendendo decisioni e influenzando gli eventi.
La natura dell'osservazione quantistica solleva interrogativi filosofici sulla qualità di percezione e il conseguente impatto sulla definizione della realtà. Ciò richiama antiche considerazioni sulla soggettività, portando a riflettere su come la mente umana possa plasmare la comprensione della realtà stessa. Quando affermiamo che siamo parte di una realtà che modelliamo attraverso l'osservazione, ci avviciniamo infatti a concetti già avanzati dal filosofo Immanuel Kant, il quale sosteneva che è la mente a plasmare la realtà attraverso le forme con cui la percepisce. Il filosofo tedesco affermava che la mente umana non si manifesta alla realtà come uno specchio passivo, ma struttura e organizza in modo attivo le percezioni attraverso categorie innate. Per Kant, possiamo conoscere solo il fenomeno, rappresentazioni della realtà che sono modellate dalla nostra mente; altresì, il noumeno rappresenta la cosa in sé, indipendente dalla nostra percezione, al di là della nostra capacità di conoscenza diretta.
Alla luce di quanto analizzato, la domanda cruciale che emerge è la seguente: se la mente gioca un ruolo così centrale nella formazione della realtà, perché continuiamo a considerare il reale come qualcosa di estraneo e/o indipendente da noi stessi? La risposta potrebbe risiedere in una sorta di inerzia concettuale radicata nella nostra tradizione filosofica e culturale, che tende a separare il soggetto dal suo ambiente, contribuendo alla formazione di ideologie dicotomiche, ove l’ambiente esterno funge come mera realtà donata a nostra esclusiva disposizione. È un pensiero fortemente connesso con la religiosità, dove per religiosità, in senso lato, si vuol intendere un impostato assetto culturale tipicamente occidentale. La fisica quantistica, però, ci spinge a superare questa visione dicotomica, aprendoci alla possibilità che il confine tra osservatore e osservato sia più sfumato di quanto possiamo immaginare.
Il dilemma, tuttavia, emerge nel confronto con la resistenza interiore. Tale cambiamento richiede infatti una lotta contro l'incertezza interiore e una consapevolezza ipotetica, poiché è innegabile che sia più semplice seguire un percorso già tracciato anziché aprirne uno nuovo, soprattutto quando le prospettive di quest'ultimo risultano oscure o complesse. Ma se riuscissimo a superare tali incertezze, sfidando i limiti autoimposti per paura, comodità o indottrinamento sociale, si potrebbe forse accedere ad una vasta gamma di possibilità al di là delle apparenti chimere che albergano nel nostro essere e che ci impediscono di essere pienamente consapevoli del nostro status reale, in linea interconnessa con la natura e la materia che ci circonda e ci avvolge.
È altresì comprensibile come per molti il tentativo di conciliare il rigore scientifico con visioni etiche possa facilmente sconfinare nell’assurdo, in una sorta di spiritualità pretenziosa, specialmente quando si tratta di legare l’energia del cogito alla fisica senza una spiegazione coerente. L’antropomorfizzazione di un concetto scientifico si rivela come un’anti-scienza, equiparabile a pretendere che la gravità sia influenzata dall’etica umana. Tuttavia, l’effetto placebo, anch’esso coinvolgente la mente, risulta essere un fenomeno concreto, sottoposto alle leggi della fisica, e il fatto che ancora non si possa fornire una risposta esaustiva non giustifica che non ci siano interpretazioni non verificabili sull’argomento.
Mentre alcune teorie sembrano spingersi oltre i confini della scienza attuale, è cruciale mantenere un equilibrio tra l'apertura a nuove prospettive e la rigorosa valutazione delle evidenze scientifiche ed empiriche disponibili, senza cedere a linee interpretative infondate o a forzate antropomorfizzazioni.
La fisica quantistica si è manifestata a noi come terreno fertile per una profonda intersezione tra scienza e filosofia, un luogo dove le domande scientifiche si trasformano inevitabilmente in riflessioni filosofiche, ampliando la nostra comprensione dell'universo e della nostra relazione con esso.
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