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Kundera e l’insostenibile leggerezza... del senso della vita

«Un avvenimento è tanto più significativo quanti più casi fortuiti intervengono a determinarlo. Soltanto il caso può apparirci come un messaggio, ci parla e cerchiamo di leggervi dentro come gli zingari leggono le immagini formate dai fondi del caffè in una tazzina».

L’insostenibile leggerezza dell’essere, il romanzo più noto di Milan Kundera, scrittore di origini ceche, scomparso recentemente, racconta la storia d’amore tra un uomo e una donna, Tomáš e Tereza, con le loro sofferenze, i loro conflitti che sorgono da due desideri divergenti, quello dell’uno e quello dell’altra, di vivere la vita e l’amore. Due desideri che poggiano su due punti di vista, due modi di vedere il mondo, due orizzonti di significato e valori che sembrano non trovare conciliazione, eppure entrambi continuano a stare insieme, a sfuggirsi, a cercarsi e ritrovarsi.

È da questa storia che io vorrei prendere le mosse – consapevole di trascurare altre figure protagoniste del romanzo e le molteplici interpretazioni che di esso se ne danno –, per provare a ricavare una riflessione filosofica sul significato, che muove dalla seguente domanda: il significato è intrinseco alle cose e alla vita, le precostituisce, è precedente alle donne e agli uomini che con quelle cose hanno a che fare e che vivono la loro vita e le loro relazioni o è invece un prodotto, cioè la ricostruzione di quelle donne e di quegli uomini che intessono il significato nell’atto stesso di cercarlo e di coglierlo? Lo so, è un po’ arzigogolata come domanda, ma proviamo a ricostruirne il senso attraverso il racconto della storia di Tomáš e Tereza.

Tomáš è un medico rinomato che vive a Praga. È abituato ad avere relazioni sessuali promiscue con più donne, senza mai una fissa e senza mai concedersi del tutto a nessuna. Tuttavia lo incontriamo mentre si interroga su se sia giusto o meno impegnarsi con Tereza, una donna che ha fatto irruzione nella sua vita dopo che si erano incontrati e conosciuti, per caso, nel ristorante di una piccola cittadina. «Non si può mai sapere che cosa si deve volere – osserva Kundera riportando le riflessioni di Tomáš – perché si vive una vita soltanto e non si può né confrontarla con le proprie vite precedenti, né correggerla nelle vite future». Ma se è così, conclude, «che valore può avere la vita se la prima prova è già la vita stessa? La nostra vita è uno schizzo di nulla, un abbozzo senza quadro».


Pertanto, priva di significato intrinseco, l’unica cosa che a Tomáš resta da fare è continuare a percorrere la sua strada. Per cui, pur accettando la relazione con Tereza, quasi come una cosa inevitabilità, non rinuncia al suo comportamento sessuale promiscuo. Per lui, la ripetitività del sesso, gli garantisce almeno la sicurezza che desidera: cioè avere tutto inquadrato, in modo che neppure l’irruzione del novum della relazione con Tereza possa mettere in discussione questa quadratura. Se dunque la vita è priva di significato, quanto meno la ripetitività, la ritualità, la reiterazione degli stessi atti, forniscono un certo ordine, un senso alle cose e alla vita.

A questo modo di vedere, a questa Weltanschauung, corrisponde anche il significato che Tomáš dà alla relazione e all’amore. Cercando rileggere i fatti che hanno portato all’incontro con Tereza e di ricostruirne retroattivamente il significato, Tomáš comprende ciò cosa lo turba: gli eventi con cui la relazione è nata sono dipesi da casi fortuiti e non dalla necessità dell’imperativo di Beethoven, a lui caro: Muss es sein? (deve essere?) – Es muss sein, (deve essere!), cioè la voce del destino:

«pesantezza, necessità e valore sono tre concetti intimamente legati: solo ciò che è necessario è pesante, solo ciò che pesa ha valore. L’idea dell’eterno ritorno accomuna Nietzsche all’eroe Beethoveniano: la grandezza di un uomo risiede nel fatto che egli porta il suo destino come Atlante portava sulle spalle la volta celeste.»

Ma se solo ciò che è necessario è pesante, solo ciò che pesa ha valore, mentre la casualità ha un’insostenibile inconsistenza in quanto poteva benissimo essere altrimenti, perché allora viverla la relazione con Tereza, nata da queste casualità e coincidenze e per questo priva di destino, necessità, peso e valore?

Juliette Binoche (dipinto su tela), attrice ed ex modella francese, ha interpretato Tereza ne L'insostenibile leggerezza dell'essere (The Unbearable Lightness of Being), film del 1988 diretto dal regista Philip Kaufman, liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Milan Kundera.

Alla visione di Tomáš si contrappone quella di Tereza. Innanzitutto perché Tereza entrando nella vita di Tomáš con il suo nuvum ne fa scricchiolare le convinzioni, ma anche perché per lei il loro incontro è autenticamente significativo proprio perché avvenuto per caso.

«La nostra vita quotidiana è bombardata da coincidenze o, per meglio dire, da incontri fortuiti tra le persone e gli avvenimenti chiamati coincidenze. Una co-incidenza significa che due avvenimenti inattesi avvengono contemporaneamente, si incontrano».

La comparsa di Tomáš nel ristorante dove lei lavorava e mentre alla radio passavano Beethoven, che lei amava, permettono all’amore nascente in lei di accendere «il senso della bellezza, e quella musica lei non la dimenticherà più.» Dopotutto più casi fortuiti intervengono a determinare un avvenimento e più esso ci trasmette un messaggio, ci parla e noi cerchiamo di leggervi dentro quel significato come gli zingari leggono le immagini formate dai fondi del caffè in una tazzina. Per questo Tereza non sopporterà i tradimenti di Tomáš, che minano sia alla loro relazione e al significato che lei dà alla loro relazione: quel senso di bellezza.


Ecco, siamo dinanzi all’espressione dei due desideri, stili di vita divergenti: Tomáš e Teresa desiderano dare alla propria vita uno specifico orizzonte di significato e valore, desiderano vivere la vita secondo quei significati e valori, da cui derivano aspettative parallele circa la relazione e l’amore e che sembrano non incontrarsi mai. Si scontrano, lottano; lei, fragile, mal sopportando i tradimenti di lui: dopo essersi rifugiati a Zurigo, per motivi politici, fugge e ritorna a Praga che avevano abbandonato; lui, che continua a tradirla, mal sopportando l’assenza di lei: la segue, lascia Zurigo per Praga, dove sa che, per quei motivi politici, non potrà più andare via e che, per colpa del suo dissenso sempre politico, dovrà rinunciare alla professione medica e diventare un lavavetri. Ancora una volta, però, Tomáš non rinuncerà alle sue relazioni promiscue e a quel bisogno di ritualità (eterno ritorno) che gli garantiscono almeno la sicurezza, la stabilità della ripetitività.

Immagini della Primavera di Praga 1968 - Invasione sovietica della Cecoslovacchia: il periodo in cui è ambientata la storia di Tomáš e Tereza nel romanzo di Milan Kundera.

Finché, entrambi invecchiano e vanno a vivere in un isolato villaggio di campagna. Ed è ancora una volta Tereza che “impone” a Tomáš di seguirla per abbandonare il suo stile di vita, quei rapporti sessuali promiscui. Allora lei si convince che «per tutta la vita aveva approfittato della propria debolezza ai danni di Tomáš»; «la sua debolezza era aggressiva e lo costringeva a una continua capitolazione, fino a che lui non aveva smesso di essere forte e si era trasformato in un leprotto tra le sue braccia».


L’immagine della lepre è significativa. Infatti, quando Tereza confessa a Tomáš il timore di avergli causato tutto questo male, conducendolo così in basso, a vivere in un villaggio sperduto, come lo aveva costretto, da giovani, ad abbandonare Zurigo, dove avrebbe potuto esercitare liberamente la sua missione medica, egli le risponde: «Non ti sei accorta che qui sono felice?» e aggiunge: «Tereza, una missione è una cosa stupida. Io non ho nessuna missione. Nessun uomo ha una missione. Ed è un sollievo enorme scoprire di essere liberi, di non avere una missione».


Tomáš aveva abbandonato l’orizzonte dell’Es muss sein (la missione, il portare sulle spalle il destino come Atlante) e compreso quanto la leggerezza dell’essere avesse reso il suo desiderio libero dal peso della necessità ripetitiva con cui inquadrava la vita. Poteva aprirsi a nuovi orizzonti, a quello di Tereza, che, a sua volta, apre il suo desiderio a uno nuovo, non più aggressivo. Dopo infatti la risposta di Tomáš, a Tereza ritorna in mente la scena della mattina, in cui

«lo vedeva riparare il camion e le sembrava vecchio. Era arrivata là dove aveva voluto: in fondo aveva sempre desiderato che lui fosse vecchio. Si ricordò nuovamente del leprotto che stringeva al viso nella sua cameretta di bambina. Che cosa significa diventare un leprotto? Significa perdere ogni forza. Significa che ormai nessuno dei due è più forte dell’altro».

Ciò che vuole esprimere Kundera nel romanzo è sì, che solo cedere all’amore permette di far perdere forza e aggressività a chi vi cede e agli orizzonti di vita contrastanti che portano in sé, a quel sistema di valori e significati predominanti e dominanti, rendendo anche i desideri di entrambi disponibili a incontrarsi in un orizzonte nuovo e condiviso, su nuovi significati e desideri.

Milan Kundera nel 1980, scrittore e dissidente checo - Elisa Cabot - Flickr - CC BY-SA 2.0

Ma c’è anche un altro aspetto collegato, e cioè che il significato con cui leggiamo e interpretiamo la nostra vita e l’amore non è qualcosa di già dato, prestabilito. Dipende invece dall’azione di ricerca di quel senso e di quel significato. Il mondo del significato non è un universo indipendentemente dalle nostre esperienze personali. Si produce nell’azione creatrice dell’uomo e della donna che vivono quella vita, la improvvisano, senza riferimenti a principi trascendenti, a modelli di riferimento, a vite già vissute. Le donne e gli uomini tessono il proprio destino, scommettendo su decisioni, senza garanzie di successo. Le vite umane

«sono costruite come una composizione musicale. L’uomo, spinto dal senso della bellezza, trasforma un avvenimento casuale (la musica di Beethoven, una morte alla stazione) in un motivo che va poi a iscriversi nella composizione della sua vita. Ad esso ritorna, lo ripete, lo varia, lo sviluppa, lo traspone, come fa il compositore con i temi della sua sonata… L’uomo senza saperlo compone la propria vita secondo le leggi della bellezza persino nei momenti di più profondo smarrimento».

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