In Italia l'antifascismo non è ancora bello
- Marco Antonio D'Aiutolo
- 28 apr
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Tutto il mondo è ancora impegnato a meditare sulla morte del pontefice, sul ricordo delle sue parole, sui pronostici circa il prossimo conclave, quindi sul futuro della Chiesa Cattolica, tra chi desidera un successore progressista, chi conservatore, chi straniero e chi “romano lo volemo o almanco italiano”. Ma soprattutto, i fari internazionali sono ancora accesi e concentrati sugli esiti dei solenni funerali "geopolitici" e in particolare sulla fitta conversazione tra Trump e Zelensky, fotografati, seduti faccia a faccia sotto al cupolone, al punto che si è gridato al “miracolo di Francesco” e alla “pace che non è morta”, ma dalle cui trattative di nuovo sono stati esclusi, come non graditi, i leader europei, tra cui Macron e la stessa padrona di casa, Meloni. E intanto, qui, in Italia, a cosa si pensa? A schedare chi si dichiara antifascista o ad appendere, nel cuore della notte, con il favore delle tenebre, manifesti d’odio con chiari riferimenti all’olocausto.
È successo infatti nel giorno dell’ottantesimo anniversario della liberazione dell’Italia dal nazifascismo, nella ridente cittadina di Ascoli Piceno. Per ben due volta la titolare del panificio “L’assalto ai forni”, Lorenza Roiati, è stata identificata dalla polizia di Stato solo per aver appeso sulla facciata del palazzo di famiglia uno striscione con la scritta: “25 aprile, buono come il pane, bello come l’antifascismo.” Un attacco chiaramente intimidatorio che ha suscitato l’indignazione dei social e delle forze di opposizione, già nervose per la scelta del governo di proclamare non tre, ma ben cinque giorni di lutto nazionale per il papa, e per le parole del Ministro per la Protezione Civile, Nello Musumeci, di festeggiare il 25 aprile in maniera sobria.
Non tutti però, a quanto pare, si sono indignati. Di sicuro non il sindaco di Ascoli Piceno, Marco Fioravanti, secondo cui le vere vittime sarebbero “gli agenti di polizia, che hanno subito una violenta aggressione social solo per aver fatto il loro lavoro”. Certo, perché è normale che in una democrazia fondata sulla vittoria e sulla liberazione dal fascismo, quindi antifascista, chi si proclami tale venga schedato! È forse un caso che il sindaco di Ascoli sia dello stesso partito della presidente Meloni e di Musumeci? Non saprei. Di fatto, il primo cittadino, sul reel del suo profilo IG, ha fatto solo un breve cenno ai “vergognosi striscioni” appesi nella notte da membri di estrema destra. Non ne ha menzionato il contenuto (“L’assalto ai forni” e “Da quel forno un tale fetore, che diventa simpatico anche il questore”, in riferimento a quelli crematori della Shoah). Né ha speso una parola di solidarietà per la titolare del forno, che invece sembra addirittura essere stata implicitamente accusata di aver inguaiato gli agenti, filmandoli. Che avrebbe dovuto fare? Agire con sobrietà? Non denunciare? Tacere e obbedire?
Intanto, però, poco più a nord, a Dongo, sul lago di Como, si sono radunati un centinaio di neofascisti che, al grido di “presente” e con tanto di saluti romani e corona di alloro depositata nel lago, hanno omaggiato i 15 gerarchi in fuga con Mussolini e fucilati il 28 aprile 1945. Questi tizi saranno stati segnalati oppure le forze dell’ordine si sono preoccupate dei “pericolosi” partigiani dell’Anpi che dall’altra parte di piazza Paracchini hanno intonato, in contro-risposta, “Bella Ciao” e “Ora e sempre resistenza”? A quanto pare, si dica pure il contrario, ma ciò che non è morta in Italia (e direi anche altrove) è proprio la nostalgia e per molti italiani l'antifascismo non è ancora bello.
