Che fine ha fatto la riforma del premierato?
Il 18 giugno 2024 è stato approvato in Senato il ddl Casellati, che prende il nome dalla ministra delle Riforme che l’ha proposto, Maria Elisabetta Casellati. Il testo, che ha avuto un esito positivo da parte della Camera del Senato, passerà alla Camera dei deputati e, in caso di approvazione, dovrà essere votato di nuovo da entrambe le aule. Gli obiettivi fissati sono finalizzati a ottenere “l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, il rafforzamento della stabilità del Governo e l’abolizione della nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica” malgrado sia stata oggetto di molte critiche per il timore di una centralizzazione del potere.
Uno dei punti più dibattuti è l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 59 della Costituzione che prevede la nomina da parte del Presidente della Repubblica dei senatori a vita, ossia “cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”, carica considerata dal centrodestra non necessaria e che, in caso di entrata in vigore della legge, verrà mantenuta solo da parte degli ex Capi di Stato.
Un ulteriore intervento riguarda il “semestre bianco” previsto nell’articolo 88 della Costituzione, dove viene stabilito che il Presidente della Repubblica non possa sciogliere il Parlamento negli ultimi mesi del suo mandato, salvo che non coincidano “in tutto o in parte agli ultimi sei mesi della legislatura”. La riforma sostituisce questo ultimo inciso con “salvo che lo scioglimento non costituisca atto dovuto” rendendo più vaga la disposizione costituzionale. Viene soppresso sempre nell’articolo 88 la possibilità di sciogliere una delle due camere sempre da parte del Presidente della Repubblica.
Viene modificato l’articolo 89 della Costituzione eliminando l’obbligo della controfirma da parte del Governo di una serie di atti del Capo di Stato. Non sarà più necessaria la firma dei ministri del Governo per la nomina del Presidente del Consiglio dei ministri, per quella dei giudici della Corte Costituzionale, per la concessione della grazia, per il decreto dell’indizione delle elezioni e dei referendum, per i messaggi alle camere e il rinvio delle leggi.
Punto focale del ddl Casellati è la proposta della Premier Meloni dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio da parte dei cittadini per un mandato di cinque anni per un massimo di due legislature, estendibile a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi. Il disegno di legge interviene in modo incisivo sull’articolo 92 della Costituzione, che prevede la nomina del Premier da parte del Presidente della Repubblica, il quale continuerà a mantenere la nomina dei ministri su proposta di quelli indicati dal Capo del Governo. Le modifiche relative all’articolo 94 della Costituzione invece riguardano la mozione di fiducia del Premier. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia, ma nel caso in cui il Presidente del Consiglio eletto non ottenesse la fiducia per due volte consecutive il Presidente della Repubblica procede con lo scioglimento delle Camere.
Una delle incertezze sollevate dalla riforma del premierato riguarda il momento storico che sta vivendo il paese, dove i cittadini nutrono profonda sfiducia e totale disinteresse nei confronti dei propri rappresentati, i quali continuano a legiferare per un popolo che si sente trascurato nelle questioni che ritiene più urgenti. Il dibattito dovrebbe vertere sul come intervenire affinché si riprenda contatto con l’idea di Stato, perché il disorientamento politico che ci sta colpendo pone le sue radici su una profonda crisi culturale che minaccia la tenuta della società e si manifesta conseguentemente sulle proposte di dubbia efficacia da parte degli organi dell’apparato statale. La politica dovrebbe tornare a sentire i cittadini, a capirli e a comprenderli perché non è la legge che fa un popolo, ma è il popolo che fa la legge. Se questa non viene rispettata e l’interesse a conoscerla è assente diventa mero strumento nelle mani delle classi di potere attualmente composte da personaggi di dubbie qualità. Il narcisismo degli attuali politici rischia di portare alla personalizzazione della figura del leader, il quale dovrebbe essere un amministratore al servizio dello Stato, non plasmarlo a sua immagine e somiglianza. Reduci dal periodo Berlusconiano, dove la politica è diventata un cabaret e i disegni di legge barzellette, è necessario responsabilizzare i cittadini per evitare che vengano eletti nuovi influencer che si improvvisano Premier. Rischiamo di trovarci ad assistere a disastrose campagne elettorali come quella statunitense dove Donald Trump, per diventare Presidente, ha deciso di spettacolizzare la sua persona alimentando una guerra civile ideologica e ledendo così alla tenuta sociale del paese.
Con questa classe dirigente italiana le campagne elettorali potrebbero essere portate avanti da saltimbanchi anziché da politici col rischio che in un futuro momento di crisi nei discorsi alla nazione ci troveremo ad ascoltare qualcuno che ci spieghi come fare la skincare o ci insegni a cucinare la carbonara tradizionale. Per ora siamo solo stati informati dalla Premier di come siano state piacevoli le vacanze estive.