Nel mondo dello spettacolo, l’immagine è parte integrante della performance. Cantanti, attori e artisti in generale spesso si presentano sul palco vestiti in modo appariscente e provocante, utilizzando il proprio corpo come strumento espressivo. Questo invito a “mostrarsi” senza filtri, celebrare il corpo e la sessualità come qualcosa di bello e naturale, è un messaggio potente che può ispirare fiducia e auto-accettazione. Tuttavia, è importante fare una distinzione chiara tra l’espressione artistica sul palco e la realtà della vita quotidiana. Il palco è un’area creativa dove un artista esprime emozioni profonde e trasmette messaggi attraverso la sua immagine. Gli abiti di scena sono scelti per amplificare un’idea, creare un impatto visivo e l’atto di “mostrarsi” diventa un’estensione della performance che coinvolge l’intera persona, corpo compreso. È un invito ad abbracciare la propria sensualità e unicità senza vergogna, che però, io credo, deve essere accompagnato da un insegnamento culturale fondamentale.
Il corpo non è un semplice oggetto fisico separato dall’Io, ma è il modo in cui sperimentiamo e interagiamo con il mondo, è la condizione fondamentale per il nostro “essere al mondo” e rappresenta il mezzo attraverso cui costruiamo la nostra esperienza e identità. Questo approccio fenomenologico afferma che l’identità dell’Io è inseparabile dall’esperienza corporea e si esprime e si manifesta attraverso il corpo, che diventa il tramite per ogni forma di percezione e azione. Il corpo vissuto per Merleau-Ponty non è solo un oggetto tra altri oggetti, ma è il centro dell’esperienza personale. Nella vita quotidiana, mentre è essenziale promuovere un’immagine positiva del corpo e della sessualità, è altrettanto importante riconoscere che non tutte le situazioni si prestano a espressioni di sé così aperte e senza filtri.
L'abbigliamento e il comportamento scelti per la scena sono parte di un linguaggio artistico e simbolico che, al di fuori di quel contesto, potrebbe non essere apprezzato allo stesso modo e la società, con i suoi codici e le sue convenzioni, richiede spesso un approccio contestualizzato. Ma non è solo una questione di dettami. Capovolgiamo la prospettiva: è importante sentirsi liberi di essere se stessi senza sentirsi obbligati a esporre la propria intimità in modo eccessivo. Essere liberi non significa essere esposti al mondo e il riserbo per se stessi non è una violazione della nostra libertà, ma una sua affermazione. È attraverso il corpo che esperiamo il mondo e l’Altro e credo che il rispetto per se stessi e per gli altri implichi anche scegliere come e quando rivelare certe parti di sé, riconoscendo che non è necessario essere sempre sotto i riflettori per affermare il proprio valore.
Sartre ci insegna che l'identità non è qualcosa di statico; l'essere umano è sempre in divenire e siamo noi a definire la nostra essenza attraverso le scelte che facciamo. Imporre sempre la stessa immagine di sé è contrario alla natura umana stessa, che è caratterizzata dalla continua crescita e trasformazione, e manifesta, inoltre, un’immatura consapevolezza dell’essere persona e dello stare in comunità: la relazione è confronto, non imposizione, e impegnarsi nel quotidiano in questo non è un limite alla libertà personale, ma un riconoscimento delle diverse dinamiche in cui ci muoviamo.
Attraverso il pensiero di Sartre e il suo concetto di "essere-per-altri" apprendiamo come la presenza dell'altro influenzi il modo in cui percepiamo noi stessi e ci comportiamo. Lo sguardo può oggettivare e definire il nostro essere. Per Sartre, il corpo è sia il nostro modo di esistere nel mondo, sia una fonte di conflitto. L’Io si trova continuamente diviso tra l’essere un soggetto libero e l’essere oggetto dello sguardo altrui, e questo genera tensioni nell’identità personale. Saper distinguere tra palco e realtà, per dirla con Ligabue, implica una scelta consapevole su cosa mostrare di sé. È essenziale riconoscere che, sebbene lo sguardo degli altri ci condizioni, siamo noi a decidere come interpretare il nostro ruolo e quali parti di noi mostrare o nascondere. La libertà, per Sartre, risiede nella capacità di riconoscere questa dinamica e di esercitare la nostra volontà nonostante lo sguardo altrui e non posso che condividere questo pensiero.
Ciò su cui intendo porre l’attenzione è che la distinzione tra mostrarsi su un palco e vivere la quotidianità riguarda la comprensione di se stessi in relazione agli altri. Condivido con Sartre la sfida a riconoscere la propria libertà e responsabilità nella scelta di come presentarsi e sottolineo che l’importante è mantenere una consapevolezza critica e riflessiva sui ruoli che si assumono, cercando un equilibrio tra espressione artistica ed espressione personale, salvaguardando la parte che il Sé in quel momento vuole nascondere. È fondamentale riconoscere il corpo non come un semplice involucro dell’identità, ma come il luogo attraverso cui il nostro Ego si manifesta, interagisce con il mondo e costruisce la propria identità. La relazione tra corpo e identità non è semplicemente fisica, ma anche simbolica, psicologica e sociale, facendo del corpo un aspetto essenziale della nostra esistenza e del nostro essere.
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