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Il Natale, il presepe, la politica, i nuovi Scrooge e la giustizia sociale

Una festa ibrida: dai miti teogonici, al presepe a Il Canto di Natale

Il Natale è una festa antichissima, fonda le radici in tradizioni e culture addirittura precristiane, ciascuna delle quali ha posto alle sue origini miti teogonici che raccontano la generazione o nascita di dei. L'Occidente non fa eccezione, almeno da un punto di vista religioso (e politico). Uomini e donne, di varie estrazioni sociali e appartenenti a civiltà anche distanti geograficamente, convertiti a una fede nuova, quella cristiana, nel tentativo di comprenderla e darle una spiegazione, attingono ai propri bagagli culturali e ai propri sistemi di simboli, riti, valori e credenze, tra cui i miti teogonici, e fanno del Natale il fondamento "storico" del loro nuovo credo. Ratificato poi dal potere, per motivi politici e proselitistico-religiosi.

Il presepe, nato ottocento anni fa, nel 1223, a Greggio, per opera di Francesco d'Assisi e poi diffusosi in altre parti del mondo, è uno di questi tentativi di "auto-comprensione", attraverso quella che è un'espressione di arte "pop". Pur divenendo un simbolo del Natale, non è l'unico. Proprio perché il Natale si presenta da sempre come portatore di una molteplicità di significati e simboli tale da renderlo una festa ibrida. E non possiamo negare neppure il fatto che il presepe sia un made in Italy. Ma pur essendo un patrimonio culturale italiano, ciò non vuol dire che sia un affare politico, tanto da doverlo imporre. Ciò ne tradirebbe il suo senso, come anche i significati del Natale, e la politica stessa verrebbe meno ai suoi veri “affari”.


Quali sono questi “affari”? E quali i significati del Natale?

Nel 1843, lo scrittore inglese Charles Dickens scrisse A Christmas Carol, un altro tentativo di "auto-comprendere" e "auto-espressione" culturale, mediante questa festa, tanto da renderlo il racconto di Natale per antonomasia. In una scena, uno dei suoi personaggi, il fantasma di Jacob Marley, pronuncia le seguenti parole: «I miei affari dovevano essere l’umanità. Il benessere generale; carità, compassione, sopportazione, benevolenza erano i miei affari.» E vorrei muovermi da queste parole e da questo racconto, che racchiude molto di quel mondo (o quei mondi) di simboli e significati, a cui partecipa anche il presepe, per spiegare che cos'è il Natale e cosa, da questa festa ibrida, può imparare la politica, come umile ascoltatrice, per rendere suo affare non l'imposizione di un credo, ma la giustizia sociale che esso propone.


Prendiamo spunto da Il Canto di Natale

Morto sette Natali prima, durante la notte della vigilia, imprigionato da catene e casseforti e costretto a vagare senza requie per l’eternità, il fantasma di Marley si presenta dal suo socio in affari, Ebenezer Scrooge, un vecchio cambiavalute e strozzino, e gli rammenta che qualora seguitasse nella sua condotta cinica, avara ed egoista, toccherà a lui la medesima sorte. Annuncia infine la visita di tre Spiriti: lo Spirito del Natale Passato, lo Spirito del Natale Presente e lo Spirito del Natale Futuro.


Questi mostreranno a Scrooge come egli sia giunto a maturare il suo comportamento, quali conseguenze sta avendo, chi sono coloro che ne soffrono e a cosa sta rinunciando; e infine quale sarà l’epilogo se quelle «ombre» non dovessero mutare: Scrooge si renderà responsabile dell'infelicità e del dolore di altre persone, che dipendono da lui, e persino della morte di un innocente. Egli stesso morirà solo e senza affetti.


Ognuno degli Spiriti però gli offrirà anche una prospettiva alternativa e gli indicherà i mezzi per poterla realizzare. Per cui l’arco di trasformazione di Scrooge, il percorso di redenzione, il riscatto e la riconquista del senso dell’umanità, che secondo la filosofa Cora Diamond, scaturisce dal ricordo di essere stato un bambino e di cui ne abbiamo già parlato in un contributo della nostra rivista, rendono centrale la sua figura e universale la sua esperienza, insieme al messaggio del racconto, così importante da ispirare numerosi film [1].


Ma la fama dell’opera di Dickens è legata anche al senso di giustizia sociale che in essa – come in tutte le sue opere – viene proposta e che ha suscitato non poche discussioni.


Scrooge, una caricatura del capitalista?

Non di rado, infatti, Il Canto di Natale viene interpretato in maniera distorta o riduttiva, come polemica verso il capitalismo e il libero mercato, Dickens definito un socialista marxista ante-litteram (il Manifesto del Partito Comunista di Marx e Engels fu scritto cinque anni dopo, nel 1848), e Scrooge, che fa delle ricchezze e del profitto una ragione di vita, una mera caricatura del capitalista tipo, dove per caricatura si intende un’esagerazione che nella realtà non troverebbe riscontro. Pertanto, sminuita la sua figura, vengono sminuiti allo stesso modo il racconto e la sua idea giustizia sociale. Si obietta dicendo che, dopo tutto, se Scrooge non avesse accumulato proprietà e ricchezze, non avrebbe mai potuto, in seguito alla sua conversione, essere solidale con chi ne era privo.

Ma si potrebbe controbattere chiedendoci cosa accadrebbe se l'immagine caricaturale, quel modo di pensare e quella condotta, divenissero addirittura una linea politica.


Scrooge e le politiche di destra

Pensate al modo in cui Scrooge definisce i poveri: inutili perdigiorno che strumentalizzano le proprie necessità e i diritti, finanche il Natale, per mettere le mani nelle tasche di un galantuomo. Perdigiorno, fannulloni, approfittatori: vi ricorda qualcosa questa fraseologia? Non la sentiamo ripetere spesso da politici di destra e da parte di un certo giornalismo d’aria?


E quando Scrooge osserva che il destino di quei poveri è di finire nelle carceri e negli ospizi? Non sembra di trovarsi dinanzi a un certo populismo penale, che tende a risolvere i disagi sociali con l’esclusivo inasprimento delle pene? Populismo tipico di una destra draconiana, fedele a se stessa e al suo sistema di valori o di una sinistra quando cessa invece di essere fedele a se stessa cedendo a un sistema di valori che non le appartiene?


È significativo anche l’atteggiamento di Scrooge verso i bambini, evidenziato nella scena in cui uno di essi si presenta alla porta dell'ufficio di contabilità, per fargli l’omaggio di un canto natalizio e «Scrooge impugnò il righello con tale energia che il cantore se la diede a gambe.» È impossibile non cogliere similitudini nella linea politica che l’attuale governo adotta nei riguardi dei bambini: dai migranti minori per cui è stato stabilito dal decreto Cutro2 di trattenerli come reclusi in centri per adulti, perché costa meno, senza permettergli l’accesso alle scuole, ai figli di donne in gravidanza che commettono reati, per cui il nuovo “pacchetto sicurezza” prevede il carcere a prescindere dal loro stato. Ma anche l’aumento dell’iva per i prodotti per l’infanzia e la negazione dei diritti a figli nati da coppie dello stesso sesso.

Questo file è concesso in licenza in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale - Ipsibio - Opera propria - CC BY-SA 4.0

A tal proposito, Scrooge considera inutile persino l’amore, qualora non porti profitto – che è l’accusa che gli rivolge l’ombra passata della sua fidanzata prima di porre fine al loro fidanzamento; dove per profitto si potrebbe intendere anche la riduzione dell’amore a funzione procreativa e risolutiva del cosiddetto inverno demografico (a cui, sono ridotti ancora una volta i bambini).


Ma l’atteggiamento di Scrooge a cui maggiormente si indentifica la destra riguarda i diritti dei lavoratori. Egli sfrutta il suo dipendente, Bob Cratchit, a cui vorrebbe negare il diritto al riposo in un giorno di festa e a cui offre un salario da fame senza possibilità di protestare, sotto il ricatto di licenziamento. Emergono qui tutte le strategie attuate dalla destra per escludere numerose famiglie bisognose dal reddito di cittadinanza e per affossare il salario minimo, volutamente mal interpretato come un livellamento salariale, e non quale è: una soglia minima al di sotto della quale un salario non dovrebbe andare e che non esclude un miglioramento contrattuale dello stesso. Sul serio, ci chiediamo, se Scrooge sia una caricatura del capitalista o non sia forse un simile governo, al servizio dei poteri forti capitalistici, del libero mercato e delle imprese, a essere la caricatura di Scrooge.


Gli "affari" di una politica autentica

Non concordo con chi crede che capitalismo e libero mercato siano sistemi invincibili e inevitabili: sono vincibili e superabili come ogni prodotto umano, quindi criticabili [2]. Ed è anzi legittimo essere sospettosi nei riguardi dell’eccessiva concentrazione di ricchezze. Ciò non significa demonizzarla, ma, ritenendo "affare" politico il «benessere generale», non si può non mettere in discussione l’incapacità e la riluttanza verso un’equa redistribuzione e verso una politica refrattaria a imporla. Per quanto Dickens sia fiducioso verso il genere umano e per quanto possa esserlo anche io, non si può fare affidamento sul buon cuore e alla spontanea generosità dei ricchi e/o dei datori di lavoro.


Imporre un salario minimo significa garantire ai lavoratori la sicurezza e la possibilità di vivere una vita dignitosa, in base alle prospettive con cui desiderano viverla, con cui ritengono giusto viverla. Nel Canto di Natale, Bob Cratchit e la sua famiglia desiderano una vita in cui poter guadagnare abbastanza da servire sulla loro tavola natalizia non una misera anatra, ma un vero tacchino, come la tradizione inglese richiede. Non è un vezzo, ma il desiderio di vivere il Natale in maniera degna, adeguata al loro sistema di valori. E soprattutto desiderano una stabilità di reddito, per garantire le cure mediche al minore dei loro figli, Tim, quello più svantaggiato da un punto di vista della salute, perché ha diritto a vita longeva e salubre.


Il dovere della politica è mettere tutti in condizioni favorevoli, garantendo il loro “funzionamento” – ciò che una persona può desiderare di fare o non fare, ciò a cui dà valore – e le loro “capacitazioni” – l’insieme delle combinazioni alternative di funzionamenti che la persona è in grado di realizzare –, in breve: garantire le libertà sostanziali. Tra queste, il salario minimo, capace di aumentare la sicurezza dei ricettori, diminuendo la loro vulnerabilità e divenendo – secondo recenti studi – paradossalmente anche più tolleranti alle possibili disuguaglianze generate dal mercato e più inclini a sostenere i partiti liberali.


Non basta però il reddito, per quanto fondamentale. È importante puntare l’accento sulle risorse, sulle possibilità reali che hanno le persone di poter accedere a uno stipendio e di farne un uso libero, senza impedimenti fisici (causati da handicap) o discriminatori (come quelli di genere o di orientamento sessuale, di fede religiosa etc.) e tenendo presente che spesso l’accesso o meno alle ricchezze e al benessere dipende da situazioni ambientali, climatiche, sociali, culturali e familiari favorevoli o sfavorevoli, più che dal merito e dal demerito. Questo riapre la questione della redistribuzione mediante tassazione.


In un recente articolo, comparso su la Repubblica, il 13 dicembre, "Se la ricchezza è egoista", Guido Alfani osserva che, sebbene sia un obiettivo condivisibile, purché risulti compatibile con un’adeguata fornitura di servizi – tra cui un sistema sanitario funzionante e di facile accesso –, adottare una politica della riduzione del prelievo fiscale per cercare di stimolare l’economia, questa «non ha la stessa funzione sociale di un aumento, anche temporaneo, del contributo richiesto ai ricchi.» E conclude con parole che sembrano rievocare quelle del fantasma di Marley e l’epilogo a cui giungerebbe Scrooge qualora non cambi la sua condotta: «La storia c’insegna che, quando [i ricchi] sono venuti meno al loro ruolo di aiutare la comunità in tempo di crisi o perlomeno quando sono stati percepiti come insensibili, la società gli si è rivoltata contro.»


Le alternative che offre il Natale

Lo Spirito del Natale Passato mostra a Scrooge che il motivo delle sue insensibilità e paure e del suo attaccamento alla ricchezza, risalgono a un’esperienza infantile di abbandono da parte del padre, per motivi economici. Ma implicitamente lo Spirito mostra anche un’alternativa: Scrooge avrebbe potuto (e potrebbe) agire altrimenti, proprio per aver vissuto un’infanzia simile e essere più comprensivo e sensibile nei riguardi di chi versa nelle stesse condizioni, offrendo cure che a lui sono state negate. E ci chiediamo come sia possibile che scaturisca una certa condotta politica da parte di persone che si autodefiniscono genitori, cristiani, difensori dei diritti dei bambini, della famiglia, di Dio, del presepe e del crocefisso.


La risposta ce la offre lo Spirito del Natale Presente: «Su questa terra ci sono persone che pretendono di conoscerci, e che compiono i loro atti di passione, orgoglio, malevolenza, odio, invidia, intolleranza ed egoismo in nome nostro, perché sono estranee a noi e a tutti i nostri simili, come se non fossero mai vissute. Ricordati di questo, e addebita quel che fanno a loro stessi, non a noi.» E dato che si tratta di credenti cristiani, non possiamo non ricordare le parole del "fondatore" della loro fede: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi… tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me.»

C’è un’alternativa che ci offrono i significati del Natale, i quali sia da un punto di vista cristiano sia precristiano, si incontrano nell’opera di Dickens [3] e direi anche nel presepe. Se precristianamente il Natale nasce dal solstizio d’inverno, visto come vittoria del sole sulle tenebre per rinascere e rinvigorirsi come un dio bambino; se per i romani il Natale del Deus Sol Invictus nel 25 dicembre, era la conclusione dei Saturnali, dove gli schiavi potevano banchettare con i padroni almeno per una volta all’anno; se invece per i cristiani il Natale ricorda lo spogliarsi da parte di Dio della sua stessa divinità per entrare nella storia e giacere, povero tra i poveri, in una mangiatoria. Allora questo vuol dire che è possibile vivere una simile festività solo rendendo reale il rinnovamento, il riequilibrio della giustizia cosmica e sociale, il capovolgimento dell’ordine delle cose, il sovvertimento dello status quo. Questa festa non si impone, ma muove dal basso, dalle persone, dalle loro libere scelte, favorendone il rispetto e il riconoscimento reciproci, l'accoglienza, l'inclusione, l'umiltà. Ed è questo ciò che ha voluto trasmettere Dickens con la conversione di Scrooge e la nascita dell’amicizia con Cratchit, che finalmente egli vede; è ciò che comunica anche il presepe, è ciò che deve ispirare una sana politica capace di garantire accoglienza, inclusività e accessi a risorse per vivere in base ai sistemi valoriali liberamente scelti da ciascuno. Questa è giustizia sociale.


Primo tra tutti, la sua versione moderna: S.O.S. Fantasmi (Scrooged) del 1988, diretto da Richard Donner e in cui Bill Murray interpreta Francis Xavier Cross, direttore di un network televisivo statunitense che, come Scrooge, è estremamente cinico ed egoista e riceve la visita dei tre fantasmi del Natale. Ma è interessante anche la versione dei Muppet, Festa in casa Muppet (The Muppet Christmas Carol) del 1992, diretto da Brian Henson, in cui Kermit la Rana interpreta Bob Cratchit e Gonzo Charles Dickens.
Curiosità
La Disney ha proposto due versioni. In particolare, nella prima, Mickey’s Christmas Carol (Il Canto di Natale di Topolino), cortometraggio del 1983, che quest’anno compie quarant’anni e diretto da Burny Mattinson, il ruolo di Scrooge viene ricoperto da Paperon de Paperoni, che, com’è noto, mentre è conosciuto in Italia con questo nome (o come Zio Paparone), il suo nome originale è proprio Uncle Scrooge o Scrooge McDuck.

Miracle on 34th Street (1947 film poster) - Copyright 1947 by Twentieth Century–Fox Film Corp." - Scan via Heritage Auctions. Cropped from the original image

[3] Miti e simboli ne Il Canto di Natale
Il Canto di Natale è considerato la storia di Natale per antonomasia, dove si sommano vari miti legati a questa festività che vanno oltre il significato cristiano. Per esempio, la credenza scandinava secondo la quale, nella notte della vigilia, la più lunga dell’anno, il velo tra il mondo dei vivi e dei morti si assottiglia, fino a squarciarsi, favorendone l’incontro. Nella descrizione dello Spirito del Natale Presente molti colgono una prima rappresentazione di Santa Claus, in precedenza con le vesti verdi e solo successivamente, grazie all’illustratore Thomas Nast, raffigurato con giacca rossa, stivali e barba bianca. Ma Santa Claus fonda le sue radici in Odino, dio dei vichinghi, che durante l’annuale battuta di caccia, nel periodo del solstizio d’inverno, ricompensava di regali i bambini che lasciavano negli stivali carote, paglia o zucchero, per sfamare Sleipnir, il suo cavallo volante. Figura poi assimilata da San Nicola, vescovo di Myra. C’è anche l’agrifoglio che fa da corona allo Spirito del Natale Presente e che ha in mano lo Spirito del Natale Passato, figura androgina, indefinita, simile a una candela. L’agrifoglio richiama a un’altra leggenda scandinava, in cui nella notte di Yule, il re Agrifoglio, simbolo dell’anno vecchio viene sconfitto dal re Quercia, simbolo dell’anno nuovo e del nuovo inizio.


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