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Husserl e la coscienza interna del tempo

Negli articoli precedenti abbiamo affrontato la questione del “Tempo” dal punto di vista di alcuni filosofi che hanno cercato di dare una definizione a questo “fenomeno”. Ma che il tempo sia effettivamente una questione della fenomenologia è stato Edmund Husserl, il padre della fenomenologia, a sostenerlo. Il filosofo tedesco infatti afferma, in una sua opera Esperienza e Giudizio, che tutti gli uomini hanno in comune la forma del tempo. Mentre nel saggio intitolato Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo, scrive:

«Ciò che noi accogliamo non è l’esistenza di un tempo mondano, l’esistenza di una durata cosale e simili, bensì il tempo che appare in quanto tale. Queste però sono datità assolute, di cui sarebbe insensato dubitare. In effetti, finiamo anche con l’assumere un tempo che è, ma questo non è il tempo del mondo dell’esperienza bensì il tempo immanente del flusso di coscienza».[1]

Come si può notare siamo sulla stessa onda di pensiero di Bergson. Infatti sia Bergson che Husserl definiscono il tempo come un fenomeno interno alla coscienza, un fluire della coscienza stessa, proprio perché è la coscienza che percepisce questo fenomeno. Ed è per questo che noi percepiamo, afferma Husserl, non il tempo del mondo, ma quello della nostra coscienza. Husserl è infatti interessato al tempo che la nostra coscienza riesce a percepire. Poi, ovviamente, c’è il tempo del mondo (o come lo definisce Bergson il tempo oggettivo, quello definito dagli orologi) che è un tempo assoluto, un dato assoluto che non lo si può mettere in dubbio. Ma ciò che ci preme quindi evidenziare è la differenza che anche per Husserl vi è tra i due tempi definiti dallo stesso Bergson.

Si può notare come in modo specifico Husserl tenti di studiare la coscienza stessa per dare una definizione del tempo. Il suo punto di partenza è la “messa fuori gioco del tempo obbiettivo”, nelle sue caratterizzazioni di tempo fisico o anche psicologico. Infatti non dobbiamo identificare il tempo interiore della coscienza (o tempo fenomenologico) con il tempo psicologico o psichico. Quest’ultimo è un concetto che appartiene a quella scienza empirica che è la psicologia, la quale porta con sé dicotomie quali interno/esterno, mente/corpo, che fanno parte di quella disposizione naturale verso il mondo che Husserl ha deciso di mettere fuori gioco.

 

Il tempo soggettivo, contrapposto a quello oggettivo della fisica, non possiede del resto alcun carattere di fondamento: solo una durata intrinsecamente reale può costituire il concreto fondamento immanente della nozione di tempo. Ecco perché Husserl sostiene che noi percepiamo il tempo come durata in quanto tale, cioè il tempo che appare. Ma allo stesso tempo in noi avviene qualcos’altro, ovvero percepiamo il tempo immanente del flusso di coscienza.

 

Husserl cerca anche di dare una definizione ai tempi del presente, passato e futuro. La struttura fondamentale del tempo à da lui presentata in continuità con la tradizione filosofica occidentale. E infatti distingue la realtà degli eventi attualmente “presenti” (i soli che veramente “sono”) dall’idealità di quelli del “passato” (che “non sono più” e vivono solo nel “ricordo/rimemorazione) e del “futuro” (che “non sono ancora” e vivono solo nell’”attesa”). Questa struttura del tempo viene spiegata nell’opera citata sopra (Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo) che invito a leggere con attenzione perché è molto suggestiva. Tra l’altro, in un passo, il Nostro fa notare la differenza di concetti utilizzati per definire la fluidità del tempo e la percezione che abbiamo di essa, o meglio degli oggetti temporali immanenti. Evita, ad esempio, di definirli “apparizioni” della coscienza stessa, ma parla di “fenomeni di decorso”, o meglio di “modi dell’orientazione temporale”; e, ancora, di “caratteri di decorso” (per esempio: “ora”, “passato”, “domani”, ecc.).

Tempo coscienza filosofia Husserl Eraclito

Inoltre, nel tentativo di spiegare questa fluidità del tempo, questa continuità temporale, Husserl realizza una sorta di diagramma del tempo costituito da una serie di punti (i punti della continuità di decorso). Ogni punto, così come ogni fase del tempo, è distinto da ogni altro. In un passo sostiene addirittura ciò che Eraclito affermò, dando la definizione del tempo come un divenire continuo e incessante e paragonandolo al corso di un fiume, nel quale è impossibile immergerci due volte, proprio perché il fiume scorre, le sue acque non sono mai le stesse in un punto. Allo stesso modo Husserl, nell’opera citata, scrive.

«È impensabile che la continuità delle fasi sia tale da contenere due volte lo stesso modo di fase […] Come ogni punto (e ogni tratto) di tempo è, per così dire, individualmente distinto da ogni altro, e nessuno può comparire due volte, così nessun modo di decorso può comparire due volte».[2] 

Quest’opera corposa di Husserl è, a mio avviso, una vera e propria analisi di come percepiamo il tempo, un’analisi accurata delle costituzioni di questo fenomeno, analisi rivolta principalmente alla coscienza che si trova nel tempo e che lo percepisce.

 

[1] Edmund Hesserl, Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo, (a cura di Alfredo Marini) Editore Franco Angeli, Milano, 2020, p. 44.

[2] Ivi, p.63.

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