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Gestazione per altri: tra libertà e controllo, una riflessione etica

La Gestazione per altri (GPA) solleva profonde questioni etiche e filosofiche, riguardanti l'autonomia del corpo, la libertà individuale e la dignità umana. In un dibattito così complesso, emergono posizioni contrastanti, e definirla un reato universale suscita critiche legittime, non solo dal punto di vista legale e sociale, ma anche filosofico.

https://www.afgsc.af.mil/News/Article-Display/Article/1387278/giving-the-gift-of-life-through-surrogacy/

Da un lato, i sostenitori della GPA la considerano un'espressione di autonomia e autodeterminazione. Secondo questa visione, ispirata a correnti liberali del pensiero filosofico, una donna dovrebbe essere libera di decidere come utilizzare il proprio corpo, anche per portare in grembo un figlio per conto di altri. Questo approccio richiama i principi di libertà individuale e rispetto della volontà personale, presentando la GPA come un atto di solidarietà e sostegno verso chi non può avere figli. Dall'altro lato, emergono preoccupazioni etiche, soprattutto da parte di critici femministi e filosofi che vedono nella GPA un rischio di mercificazione del corpo femminile. Questa prospettiva richiama temi centrali della filosofia kantiana, secondo cui ogni essere umano deve essere trattato come un fine in sé, mai come un mezzo. La preoccupazione è che, in contesti socio-economici diseguali, la Gestazione per altri possa diventare una forma di sfruttamento, riducendo il corpo della donna a semplice strumento di produzione.

 

Definire la Gestazione per altri un reato universale, come ha fatto il governo Meloni, risulta problematico non solo perché ignora le differenze culturali e legali tra i vari Paesi, ma anche per l'impatto che una tale criminalizzazione ha sugli individui già esistenti. Da una prospettiva utilitarista, le leggi dovrebbero massimizzare il benessere e ridurre la sofferenza, mentre considerare la GPA un reato universale rischia di provocare un danno psicologico ai bambini nati tramite questa pratica, la cui esistenza verrebbe in qualche modo considerata "illegale". Si crea così un paradosso etico: come si può definire un crimine un processo che ha portato alla nascita di un bambino, un essere che ora fa parte della nostra comunità e merita protezione e riconoscimento?

 

L’assurda richiesta della ministra Roccella ai medici di segnalare casi sospetti di Gestazione per altri introduce, inoltre, un ulteriore problema filosofico, legato al rapporto tra etica e potere statale. Quando lo Stato chiede ai medici di diventare "guardiani" delle leggi, si rischia di compromettere la fiducia tra medico e paziente, trasformando il medico da garante della salute a strumento di controllo. Questo approccio può essere interpretato come una forma di biopolitica (un concetto sviluppato da Michel Foucault) in cui lo Stato esercita il potere sulla vita e sui corpi degli individui, intervenendo direttamente nella sfera più intima delle decisioni personali.

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