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Elogio della vanità


È che io sono i miei tempi…


Il mio spazio. Il mio punto di vista. Sono la mia anima, ammesso esista e abbia senso provare a definirla. Sono i miei occhi. Il mio cuore e la mia mente, in disaccordo perenne. Le mie scelte, i miei ritardi, i continui fallimenti.


Sono i miei dubbi e i miei mille tentativi, i miei progressi. Io, sì, sono la mia passione, anche se fatico a descriverla e spesso mi sento così amaramente inconcludente e incompresa. L’ho coltivata con qualche soddisfazione, ma anche tanta frustrazione. È che sono la mia allegria, il mio tormento, le mie inclinazioni, i miei rapimenti e i repentini cambi d’umore, sì, sono ostaggio delle mie emozioni. Incredibilmente, inesorabilmente, mi perdo. Da sola. È un talento anche questo. L’auto-sabotaggio come insospettabile attitudine, oltre che un’insolita vocazione…


E su questo ce ne sarebbero di cose da confessare, ma preferisco restare sul pezzo: il punto è che io sono il mio entusiasmo, il mio talento sprecato, la mia avversione all’oppressione.

Sono il caos e il disordine della mia scrivania, le scadenze bucate, le raccomandazioni inascoltate. Sono la saggezza che è andata a farsi benedire, sono i miei malumori, le mie ironie. Sono le mie amicizie, le mie relazioni. Sono i miei silenzi, i miei patimenti.


E sono anche tutti i miei rapporti parentali piuttosto deludenti, dalle comunicazioni intermittenti. Io sono la somma delle mie paure, la risultante delle mie disavventure. Sono la custode di me stessa, delle me passate, di quelle presenti e potenziali. Sono tutte le mie ambizioni, i miei sogni, i miei amori, sono i miei limiti, le mie paranoie e tutte le psicopatologie latenti! Sono la mia Storia, anche quella che non ricordo. Io sono il mio racconto, qualunque sia l’epilogo e il contesto in cui venga narrato. Sono la mia nemesi, la mia fede, il tempio delle mie preoccupazioni, delle represse insurrezioni.


Sono il mio restare fedele e fiduciosa, malgrado la realtà effettuale delle cose… Io sono le mie attese, le mie letture, il mio finto buonumore, che resiste e si alimenta ad ogni passo falso e, dallo scacco della sorte, trae nuove spinte, nuove svolte. Sono le mie ossa, i miei muscoli e i miei organi… sono corpo, carne e ossa. Sono un particolare mix di geni, sono i miei capelli, le mie ciglia, un portamento incerto, petto e spalle in dentro… sono intera e scissa. Ma, soprattutto, sono ben conscia di essere in debito perentorio con la Moira: le dovrò pur rendere la pellaccia, presto o tardi. Ed è per questo che ci tengo a tutte le mie parti e a ogni mio istante. Anche il meno appagante… L’irripetibilità, la vana eternità di cui è fatto il momento, m’ha sempre un po' commosso e fatto ridere, allo stesso tempo!


È che io, davvero, sono i miei ideali, un cumulo di “sì” e una valanga di “no”… una serie ripetuta e sincopata sequenza di “forse”; “grazie”; “scusa”; “non so” e così via.


Sono la mia scrittura e la malinconia di una solida sinestesia, che no, non sa farsi poesia. A questo punto, s’interrompe il mio resoconto.


A salvarmi da me stessa e dalla solita entropia, giunge la mia persona preferita, alla quale non ho nulla da dimostrare, né da rivendicare. Cerca pace, proprio come me. E, in un abbraccio un po’ impacciato, ogni logoramento è anestetizzato, forse rimandato…

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