Dall’anti-città al terzo patrimonio. Quando i beni confiscati diventano futuro
- Davide Inneguale

- 29 ott
- Tempo di lettura: 2 min
C’è un momento sospeso tra la confisca di un bene mafioso e la sua restituzione alla collettività. È un intervallo spesso lungo, fatto di burocrazia, procedure frammentate, lentezze istituzionali. In quello spazio grigio si decide il destino di interi pezzi di città. La ricerca PRIN PNRR2022 Confiscated asset in transition: from the Anti-city to the Third Heritage, coordinata dai Dipartimenti di Architettura di Napoli, Palermo e Reggio Calabria, parte da qui: dall’idea che i beni confiscati non siano soltanto problemi amministrativi da risolvere, ma una nuova categoria di patrimonio: un terzo patrimonio, accanto a quello storico-artistico e paesaggistico.
Questo patrimonio “sommerso” racconta una storia di perdita e riscatto, e contiene in sé una potenza generativa per la rigenerazione urbana e sociale. La metodologia di ricerca è elaborata su tre assi:
L’Atlante Operativo, per mappare i beni integrando dati giuridici e architettonici con le potenzialità sociali.
L’Archivio Narrativo, che lavora sugli immaginari collettivi trasformando le memorie del dominio criminale in materiali di progetto.
La Ricerca-Azione, in cui il progetto architettonico diventa strumento di indagine e trasformazione.
È proprio nella ricerca-azione che il lavoro trova forma concreta. A Soccavo, con l’iniziativa “Non sei nel posto sbagliato”, ex box appartenuti al boss Mario Belluno, affiliato ai Grimaldi, sono stati trasformati in un laboratorio a cielo aperto. Studenti e abitanti hanno costruito insieme un’installazione collettiva, raccogliendo desideri e idee. Un gesto semplice, ma capace di ribaltare un segno di potere criminale in spazio di comunità.
Un altro esperimento è “L’ABCI. Bene confiscato in transizione: laboratorio socio-culturale di co-esplorazione territoriale”, laboratorio nel palazzo De Liguoro, bene confiscato nel centro storico di Napoli. Grazie ad una delibera del Comune, il Dipartimento di Architettura della Federico II ha ottenuto temporaneamente in gestione il bene, che diventerà un luogo in cui università e comunità possono incontrarsi. Qui l’uso temporaneo non è un espediente, ma una strategia: attivare processi di riuso sociale, mettere in relazione università e cittadinanza, costruire insieme alternative concrete all’illegalità.
Il fine ultimo è duplice: ottenere il riconoscimento del terzo patrimonio come risorsa nazionale e fornire strumenti operativi, come l’Atlante, per semplificare il lavoro delle istituzioni nella riassegnazione dei beni. Ma soprattutto, dimostrare che il contrasto alle mafie non passa solo attraverso repressione, bensì attraverso la costruzione di alternative tangibili: trasformare l’anti-città in città, i simboli del dominio criminale in spazi di democrazia e comunità.
Questo è il cuore dell’intervento che ho portato ieri alla Camera dei deputati, al convegno promosso da Alleanza Verdi e Sinistra in cui sono state affrontate diverse tematiche; dalla salute mentale, al lavoro, al contrasto alla criminalità.
Il gruppo di Ricerca vede federate tre unità di ricerca incardinate nei Dipartimenti di Architettura:
dell’Università degli Studi di Napoli Federico II con coordinamento Scientifico prof.ssa Orfina Fatigato).
dell’Università degli Studi di Palermo con coordinamento scientifico prof.ssa Z. Tesoriere)
dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria con Principal investigator prof.ssa Marina Tornatora).
Il gruppo di ricerca UNINA è costituito dai proff.: Orfina Fatigato (coord.), Gilda Berruti, Maria Cerreta, Gianluigi Freda, Maria Rosaria Santangelo, Viviana Saitto e dai dottorandi Giorgia Arillotta, Simona Capaldo, Caterina Loffredo, Piero Zizzania, Gennaro Finale.




















