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Arthur Schopenhauer: il chiasso è nemico del pensiero

Immagine del redattore: Davide PanunziDavide Panunzi

Arthur Schopenhauer è un filosofo tedesco (cittadino espatriato della Prussia) conosciuto al mondo per la sua concezione filosofica pessimista, ripresa ed accompagnata in Italia dal poeta Giacomo Leopardi.

 

Il mondo come volontà e rappresentazione è, senza dubbio, la sua opera più conosciuta, ma degli spunti molto interessanti del suo percorso filosofico si possono incontrare anche in un altro dei suoi scritti, Parerga e paralipomena, del 1851, con il quale contribuì a rendere celebre il suo pensiero nel panorama intellettuale europeo della sua epoca. Inizialmente concepito come un complemento del Mondo, in realtà poi venne accolta come un’opera a sé stante, in cui Schopenhauer tratta numerosi argomenti riferiti al quotidiano, nonostante la sua fama di misantropo e ben poco curioso della vita politica.

 

E forse è proprio il suo (quasi) disgusto personale verso i contatti umani che gli ha permesso di scrivere – tra i tanti temi trattati – «del chiasso e dei rumori», nel trentesimo capitolo di Parerga e paralipomena (edizione Adelphi).

«Kant ha scritto un trattato relativo alle forze vitali: io, però, vorrei scriverne una nenia e trenodia, poiché il loro uso eccessivamente frequente sotto forma di bussare, martellare e battere mi è stato, durante tutta la vita, una tortura quotidiana».

Schopenhauer, in queste poche pagine, è intenzionato a sviluppare un pensiero fortemente critico nei confronti del chiasso, una sua vera e propria lamentela personale, cercando di rafforzare la sua tesi menzionando vari filosofi, tra cui Kant e Goethe.

«Il chiasso è, però, la più impertinente di tutte le interruzioni, poiché interrompe, anzi perfino spezza i nostri pensieri. Ma dove non vi è nulla da interrompere, il chiasso non sarà avvertito in modo particolare».

A chi può dare così fastidio il rumore? Secondo Schopenhauer, chi è infastidito dal chiasso è colui che dedica la sua vita intera all’attività del pensiero, poiché vengono interrotti nel loro agire: è come un grosso diamante – dice il filosofo – che se viene tagliato a pezzi, avrà valore solo nelle sue parti diverse e non più nell’insieme; così il grande spirito non riesce più a produrre un pensiero più elevato di una mente comune, perché viene interrotto e il suo status di «preziosità» viene meno, in quanto esiste solo se non viene reso balbuziente dalle continue interruzioni. L’eccelsa attività dei grandi pensatori ha un valore inestimabile solamente nel processo continuo del pensare e, dunque, nella sua interezza.

Arthur Schopenhauer

Ogni epoca ha, perciò, il suo rumore più fastidioso. Per Schopenhauer, è lo schioccare delle fruste nelle vie rumorose della città.

«Debbo denunciare come il rumore più imperdonabile e infame lo schioccare veramente infernale delle fruste nelle vie rumorose della città […] Questo improvviso e acuto schioccare, che paralizza il cervello e spezza e ammazza i pensieri, dovrebbe essere sentito dolorosamente da ognuno che porti nella sua testa qualcosa che somiglia a un pensiero, e dovrebbe, dunque, disturbare centinaia di persone nella loro attività spirituale, per quanto di genere comune: al pensatore, però, questo rumore penetra nelle sue meditazioni con un dolore così micidiale, come quando la spada nel boia stacca la testa dal tronco».

Il chiasso che provoca disagio a Schopenhauer è necessario per far muovere i cavalli che, però, abituandosi al rumore finiscono per rendere vana l’azione disturbatrice, ormai assuefatti al gesto.

 

Anche gli uomini sono, ormai, abituati al rumore, perché hanno assunto degli atteggiamenti propensi al rumore stesso:

«La tolleranza generale riguardo al chiasso inutile, ad esempio riguardo allo sbattere le porte, abitudine oltre modo maleducata e volgare, è addirittura un sintomo dell’ottusità generale e della povertà di idee».

Chissà cosa penserebbe Schopenhauer se vivesse nella nostra epoca: la povertà del pensiero è da attribuire a tutto l’inquinamento acustico a cui siamo sottoposti e a cui anche noi, in fondo, siamo ormai assuefatti oppure è da attribuire al progressivo nichilismo morale? È probabile che Schopenhauer avrebbe poi potuto forse avvicinarsi alle idee di Friedrich Nietzsche oppure, molto semplicemente, quel «chiasso» avrebbe assunto l’immagine di un clacson o di una metropolitana.

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