1700 anni da Nicea: il Concilio di Costantino che definì “Cristo”
- Carolina Pannullo

- 24 mag
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C’è stato un tempo lontano in cui i Concili Ecumenici non erano solo un affare ecclesiastico. Forse non tutti sanno che il primo Concilio della storia della Chiesa, che si è tenuto nel 325 d.C. a Nicea, attuale Iznik in Turchia, non è stato convocato da un Papa, bensì dall’imperatore romano Costantino, primo imperatore a convertirsi al cristianesimo. Costantino (che sapeva il fatto suo) era ben consapevole che la religione rappresentava un importante fattore di unione sociale. Ma erano anche gli anni in cui si stavano diffondendo le cosiddette eresie ariane; Ario, un presbitero e teologo libico, affermava che Dio era unico, eterno e invisibile mentre Gesù, il Figlio, era stato creato e pertanto non aveva natura divina. Questa teoria aveva destato non poche preoccupazioni presso la neo nata Chiesa, e anche lo stesso imperatore Costantino manifestò la volontà di opporsi alla diffusione dell’arianesimo. A Nicea giunsero circa 300 vescovi da ogni parte dell’Impero, chiamati a risolvere la questione dottrinale sulla natura di Gesù Cristo: “Gesù è Dio?” Non esistono atti conciliari, per cui le fonti di quell’evento sono testimonianze indirette di storici dell’epoca, come Eusebio. L’importanza di questo Sinodo fu centrale nella storia del cristianesimo, per le decisioni assunte dai vescovi in seno al Concilio. Innanzitutto per la elaborazione del credo, ovvero “Simbolo”, che ancora oggi i fedeli recitano durante la Santa Messa e che rappresenta l’espressione della fede cristiana. Il credo risolveva soprattutto il delicato problema della natura di Cristo: Gesù, il Figlio è consustanziale al Padre, generato e “non creato” e quindi della sua stessa sostanza. Veniva pertanto affermata la doppia natura di Gesù: umana e divina. Questo andava a cancellare ogni dubbio sul fatto che anche Cristo era presente al momento della creazione. Pertanto il Concilio condannò definitivamente l’arianesimo come eresia, poiché essa negava la natura divina del Figlio di Dio. I vescovi conciliari definirono anche altre questioni, come ad esempio la datazione della Pasqua. Venne infatti deciso che essa cadesse nella prima domenica successiva al primo plenilunio di primavera, per distinguerla dalla Pasqua ebraica. Tale decisone si è mantenuta nei secoli fino ad oggi. Il Concilio di Nicea ha il merito di aver ricreato l’unità religiosa della Chiesa, che in quel periodo era minata dalle numerose eresie, anche in considerazione dalla moltitudine di anime di cui era composta. Perché questo Concilio si svolse proprio a Nicea è presto detto: a Nicea, Costantino aveva un immenso palazzo e in una sala si tennero le riunioni conciliari. Successivamente la sala divenne una Chiesa. Attualmente il palazzo è completamente sommerso dalle acque del lago di Nicea.

Nel 2025 ricorrono i 1700 anni dalla convocazione di questo primo Concilio e Papa Leone XIV, da poco succeduto a Francesco, ha dichiarato la volontà di recarsi in Turchia per celebrare la ricorrenza, ciò rientrerebbe nell’ottica di un dialogo interreligioso, vista la presenza in Turchia dei cristiani ortodossi e dei musulmani. La ricorrenza cade anche nell’anno del Giubileo dedicato alla speranza; ma c’è ancora un’altra coincidenza. Quest’anno la Pasqua cristiana si è celebrata nello stesso giorno della Pasqua ortodossa, ovvero il 20 Aprile. Insomma un anno davvero ricco di occasioni per la Chiesa per celebrare la propria fede unita con tutte le anime che la compongono e quindi in un’ottica interreligiosa.





